Più facile spianare che governare. Caffè del 14

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La complessità del reale e lo schema (troppo) semplificato della politica. Potremmo raccontarla così. “La partita dell’Italia si gioca interamente in Europa”, scrive Eugenio Scalfari. Dallo scontro, e dal confronto, tra Draghi (BCE) e Wedmann (Bundesbank) l’Europa può uscire con una più forte politica comune, e dunque con regole da rispettare, oppure dovrà accettare di dissolversi. Perciò l’annuncio  “combieremo verso all’’Europa”, condito solo da professioni d’orgoglio nazionale, “l’Italia merita rispetto”, “nessuno ci dia compiti a casa”, non poteva avere successo.“La flessibilità chiesta dall’Italia -scrive Scalfari- sarà ridotta al minimo, l’autorizzazione alla politica keneysiana del “deficit spending” sarà negata al rischio di immediati processi d’infrazione. L’aumento del debito pubblico non sarà sopportato e l’arrivo della Troika da possibile sta diventando probabile”.  “O noi o la Troika”, risponde Renzi.

Sai che paura! Dicembre è il mese dei pagamenti. “La carica delle tasse di fine anno” titola  infatti il Corriere. Un peso insopportabile, condito da una patrimoniale che pagano tutti gli italiani (anche i poveri neo cittadini con rudere al paesello) tranne i ricchi. Il governo se ne vergogna ed emenda se stesso,“Manovra, aumenti congelati”, scrive la Stampa, ma con i soldi degli altri. Si congelano, infatti,  canone Rai e local tax, con la quale gli enti locali cercavano di far fronte ai tagli dei trasferimenti romani. Semplice,no?

La questione morale fa scandalo. A Roma è nata una nuova mafia perchè erano riunite tutte le condizioni ottimali : assenza di controlli, imprese o cooperative affamate di risorse pubbliche, amministratori che nominavano dirigenti (spoil system) senza conoiscerne i precedenti, emergenze gonfiate ad arte (rom, immigrati, puche per la pioggia) e che bisogna rapidamente celare agli occhi del pubblico. E come si risponde? Mele marce! Chi è condannato in via definitiva (campa cavallo!) restituisca il malloppo. Si aumentino le pene per corruzione, ma dentro una riforma generale e complessa della giustizia che finirà fra qualche settimana all’esame della Commisisone Giustizia del Senato presieduta da Nitto Palma. Di veloce, solo l’annuncio.

Molti, intanto, hanno compreso che riforma costituzionale trasformerà il Senato in un peso inutile o dannoso (come le nuove province), una sorta di sala delle feste per 95 consiglieri regionali e sindaci, nominati dai partiti regionali e incaricati nientemeno che di controllare se stessi. Con l’Italicun avremmo,poi, una camera zeppa di sconosciuti, eletti per grazia ricevuta (capo lista bloccati, 100 miracolati dal premio di maggioranza, altri imposti con le candidature plurime), mentre il candidato premier che avrà vinto le elezioni (non importa in quanti italiani lo abbiano votato) sarà il dominus al quale i deputati potranno solo baciare la pantofola. Ecco che tutti alana le antenne e si concentrano sull’elezione del futuro presidente della Repubblica, visto che Napolitano sta per lasciare. Un arbitro indipendente o un strastullo del premier? La politica risponde: “Basta sgambetti”, Guerini, “dopo di me il voto” Renzi, il quale nel frattenpo deve essere stato eletto Presidente, visto che, per la Costituzine, solo il Presidente può sciogliere le camere.

“Pd tensione sulle riforme. Renzi alla minoranza: da voi pretendo lealtà”, scrive Repubblica, ma Ma Stefano Folli consiglia al premier di “diradare la nebbia nella corsa al colle”. Civati risponde da Bologna che non si farà dire da Renzi quando e come operare una (piccola?) scissione) ma avverte che se il Premier tradirà se stesso e ci porterà al voto in primavera (con un programma di destra, dal jobs act a riforme autoritarie) lui non sarà con quel partito di Renzi. Il Fatto intervista D’Alema (un altro segno della complessità) che dice “Non vado da Renzi, non mi faccio minacciare”.

Da corradinomineo.it


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