A proposito di Mafia Capitale e dintorni

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Diventa concreta, cioè sostenuta dai fatti, l’intuizione che l’intreccio mafia-appalti-politica, non sia solo una chiave interpretativa teorica del modo di essere di una parte del potere della classe dirigente. Mafia Capitale dimostrerà, se confermata in sede finale di giudizio, quanta strada ha fatto il modello mafioso fino a riprodursi in loco. Gli investigatori, la Presidente della Commissione Antimafia, il Procuratore Antimafia sostengono, alla luce delle prove raccolte, che l’intreccio criminal politico romano non è frutto di infiltrazioni esterne, ma di processi auto generanti. Certamente il fatto che i vari Pippo Calò, mafioso di Porta nuova,  abbiano potuto frequentare i Palazzi romani del Potere e la banda Magliana tanti anni fa ha lasciato semi fertili. La prima domanda spontanea, di fronte la vastità del fenomeno corruttivo-politico-criminale, riguarda la disattenzione e la sottovalutazione politica e giudiziaria passata di tale degenerazione e inquinamento della vita politica ed economica. Ci voleva l’efficienza investigativa di Pignatone per scoperchiare la pentola del malaffare che altri avevano tenuta ermeticamente tappata? Criminali neofascisti e dirigenti della sinistra sociale e politica appassionatamente insieme senza più steccati?

Com’è stato possibile? Nessuno può tirarsi fuori e parlare solo di mele marce, quando appare infetto un sistema intero. La riflessione deve riguardare il modo di far politica in questo secolo di postcrisi della democrazia praticata dai partiti e dal personale della prima e seconda Repubblica. Mettendo in fila il caso Mose, quello dell’Expò, tutto il malaffare e la corruzione a livello delle Regioni e locale, la disaffezione elettorale degli emiliani, non basta dire che la maggioranza degli italiani siano onesti. Ciò è vero, ma non da automaticamente centralità politica al contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione, causa ed effetto l’una dell’altra.  Occorrono scelte conseguenti sul piano legislativo e politico generale. Intanto con la riforma costituzionale ed elettorale bisogna restituire ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente chi eleggere e di darsi partiti dove possano partecipare e determinarne la politica, verificare i comportamenti trasparenti dei propri dirigenti, non consentire la vendita di pacchetti di tessere alla vigilia di primarie o congressi. Guai a confondere tali dettati con il moralismo! Il rischio di far travolgere il centrosinistra e il Pd dalla crisi profonda del berlusconismo diventa reale. Ecco perché il Pd non può associarsi alla teoria delle poche mele marce e riflettere perché sia stato possibile imbarcare gente corrotta nelle proprie file e ritrovarseli coinvolti in scandali come segretari o deputati, solo dopo l’intervento della magistratura. Non si può attendere l’intervento salvifico dell’anticorruzione o del Pm professionale e indipendente, bisogna prevenire, verificare azione politica, arricchimenti sospetti, frequentazioni e clientele dei vari dirigenti politici e iscritti. Da anni il Centro La Torre ripete il mantra che quasi tutto era stato intravisto dai padri fondatori della legislazione antimafia. Perché oggi non regge più la paratia del controllo amministrativo e politico, ma solo quella giudiziaria (e in parte)?

La macchina del Pd, il più grande partito del socialismo europeo, come ripete il suo segretario, sembra trascurata e indebolita nel funzionamento democratico interno. La sua comunicazione poggia sui twitter e sui media esterni, mentre i propri sono chiusi come L’Unità o inadeguati come il sito o Europa. Il Pd, dopo la crisi del partito di massa, non ha ancora scelto una nuova forma organizzativa democratica adatta al XXI secolo. Fino ad oggi sembra prevalere un leaderismo senza collettivo sostanziale che sostituisce storicamente l’antico carisma berlingueriano frutto di un forte pluralismo interno, tormentato da dubbi e conflitti tra linee come quelle di Napolitano e Ingrao.

Il cedimento di dirigenti politici anche di sinistra agli stili di vita dettati dall’individualismo e dal consumismo, al fascino della ricchezza come potere, esecrata recentemente anche da Papa Francesco, impone una nuova centralità della lotta contro le mafie e la corruzione in Italia e in Europa com’è stato sollecitato dalla petizione al Parlamento europeo promossa dal Centro La Torre, Art21, Liberainformazione.

Mentre calano i consumi dei cittadini, si riempie sempre di più il sacco dei ladri, dei corrotti, dei criminali a spese dei primi. Alla fine, se non arriva la rigenerazione della classe dirigente, potrà scoppiare l’incendio sociale con la presunzione di salvare il Paese. Noi siamo tra quelli consapevoli che nella storia né l’uomo della provvidenza né il fuoco purificatore abbia prodotto gli effetti annunciati, solo l’intervento organizzato democraticamente dei cittadini ha cambiato le cose. Le leggi e i protocolli etici delle forze sociali per il contrasto alla corruzione e alla criminalità organizzata (dal 2012 Severino) ci sono. Occorre solo una ferrea volontà politica applicativa.


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