Pasolini e la mutazione antropologica

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In quegli anni Settanta che hanno visto incominciare,  nel nostro Paese, una sorta di rivoluzione antropologica che ha- a poco a poco- cambiato l’Italia e gli italiani (e di cui ho parlato in un articolo qualche mese fa in intitolato, come già l’aveva definita il Censis una “società impersonale” ) uno scrittore e poeta, per molti aspetti scomodo ed estraneo, a tutti le regole  della maggioranza, cattolico ma a modo suo, omosessuale o aperto ad ogni esperienza, di sinistra ma allergico ai partiti in quanto tali (stiamo parlando, come qualcuno ha forse capito, di Pier Paolo  Pasolini) scriveva su un grande quotidiano che allora era il più diffuso e autorevole, il Corriere della Sera, un articolo intitolato Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia) di cui vale la pena riprodurre un brano anche oggi molto attuale: “L’Italia non è mai stata capace di esprimere una grande Destra.  E’ questo probabilmente il fatto determinante di tutta la sua storia recente.

Ma il cambiamento qualitativo che oggi interviene riguarda i fascisti e gli antifascisti: si tratta infatti del passaggio di una cultura, fatta di analfabetismo (il popolo) e di umanesimo cencioso (i ceti medi) da un’organizzazione culturale arcaica all’organizzazione  moderna della cultura di massima: Un fenomeno, insisto, di mutazione antropologica. “La data dell’articolo è il 10 giugno 1974.  Esattamente quarant’anni dopo l’Italia di oggi si classifica la prima nel mondo nell’ Ignoranza Index Ipsos Mori  che riguarda quattordici Paesi. Siamo, di gran lunga, i primi, da questo punto di vista, e meglio di noi  sono gli Stati Uniti, la Corea del Sud, la Polonia, l’Ungheria, la Francia, il Canada, il Belgio, l’Australia, la Gran Bretagna, la Spagna, il Giappone, la Germania e la Svezia che resta, a tutti gli effetti, la nazione più informata. La maggioranza degli italiani, per citare un solo dato, è convinta  che gli immigrati nella penisola siano il 50 o il 30 o ancora il 15 per cento mentre in realtà non sono più del sette per cento.

E potremmo, a questo, aggiungere molti altri esempi più o meno grotteschi.  L’assassinio dello scrittore e poeta friulano avvenne la notte del 1 novembre del 1975 e, secondo le indagini compiute dalla Commissione Stragi presieduta dal senatore Luigi Pellegrino, sarebbero stati in cinque, i tre balordi già individuati a suo tempo dalla polizia e due “quarantenni con la barba” che avrebbero sovrainteso  all’agguato e questi ultimi potrebbero essere legati ai servizi segreti deviati.   Possiamo ricavare una conclusione, sia pure provvisoria, da questo tragico episodio? Viviamo in un paese nel quale non è quasi mai vero quello che appare a prima vi sta. Occorre, per questa ragione, immaginare la realtà in maniera dietrologica? Niente affatto ma è necessario es sere  molto cauti e valutare tutte le circostanze senza la sciarsi ingannare dalle apparenze e rassegnarsi – come troppe volte è già capitato – ad arrivare alla verità molti anni o decenni successivi o in certi casi mai. E qui non facciamo altri esempi per carità di patria.


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