“No ai bavagli e alle querele temerarie”. Intervista a Felice Casson

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È un Casson accigliato quello che raggiungiamo al telefono per chiedergli un commento su temi a noi molto cari, quali il contrasto delle leggi bavaglio, esplicite o camuffate che siano, e la difesa della libertà d’informazione in tutte le forme e a tutti i livelli. La battaglia del Senato sul Jobs Act ha lasciato strascichi pesanti: è inevitabile che si scivoli sull’argomento, anche se Casson non vuole parlarne e noi facciamo il possibile per rispettare la sua volontà. Si parte dalla vicenda grottesca del voto contrario del PD nella Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato in merito alle intercettazioni telefoniche del senatore Azzollini del Nuovo Centrodestra e si giunge alle possibili sanzioni disciplinari all’indirizzo dei tre senatori, Casson, Mineo e Ricchiuti, che al momento del voto hanno preferito uscire dall’Aula. “Non posso tradire l’impegno di una vita: fra il PD e i lavoratori, io sto con questi ultimi” è l’amara riflessione di un uomo che non vuole rinunciare ai valori storici della sinistra e alla tutela dei diritti dei più deboli nemmeno nella stagione “trionfante” del renzismo.

Felice Casson ci racconta cosa è accaduto esattamente nella Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato in merito al caso del senatore Azzollini, ex sindaco di Molfetta, presidente della Commissione Bilancio ed esponente di punta del Nuovo Centrodestra?
C’è stata una richiesta d’autorizzazione da parte della procura di Trani per l’utilizzo di alcune intercettazioni telefoniche riguardanti il senatore Azzollini: era una richiesta presentata nel gennaio di quest’anno, che aveva subito già vari rinvii e richieste di acquisire ulteriori documenti. In qualità di relatore, non avendo ravvisato alcun “fumus persecutionis”, avevo dato parere favorevole all’accoglimento di questa richiesta. Si trattava di poche intercettazioni, in un arco temporale limitato al periodo fra il 4 e il 6 maggio del 2009; per giunta, si trattava di intercettazioni che riguardavano altre utenze telefoniche nelle quali, per caso, compariva anche il senatore Azzollini. Pertanto, in base alla giurisprudenza costituzionale, dal punto di vista giuridico mi sembrava assolutamente corretto concedere l’autorizzazione. All’ultimo momento, invece, senza alcuna dichiarazione di voto e poco prima di pronunciarsi in merito, il capogruppo del Partito Democratico ha chiesto la sospensione della Giunta; i membri del PD si sono riuniti in una sala per venti-trenta minuti e, quando sono rientrati, hanno votato tutti contro la richiesta d’autorizzazione. Mi sembra una scelta totalmente sbagliata sul piano tecnico e giuridico ma ancora più grave dal punto di vista politico perché vuol dire proteggere uno della “casta”.

Qualcuno ipotizza malignamente che la mancata autorizzazione all’uso delle intercettazioni di Azzollini sia frutto di una mediazione col Nuovo Centrodestra per non compromettere l’approvazione del Jobs Act. È un’ipotesi attendibile?
Non so nulla di questa cosa e preferisco occuparmi dei fatti che sono avvenuti, senza dar troppo ascolto ai sospetti; poi ognuno è libero di tracciare le valutazioni che vuole. Io sono ancora del Partito Democratico e, finché rimarrò un senatore del PD, rispetterò le norme costituzionali, le leggi e agirò di conseguenza. Tanto più all’interno della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in cui è prevista un’autonomia particolare per i membri che la compongono, i quali non possono essere sostituiti da nessuno, nemmeno dal presidente del Senato. Voci di corridoio e malignità non mi interessano.

Passiamo al tema delle intercettazioni. A che punto siamo per quanto riguarda censure e bavagli e quali iniziative intende intraprendere per sventare nuove leggi in tal senso?
Distinguerei perché all’interno di questo Disegno di legge, che ci è arrivato dalla Camera con una votazione favorevole piuttosto ampia, ci sono vari temi. L’aspetto positivo è che viene eliminata la possibilità del carcere per i giornalisti. Il problema fondamentale, quando si affronta questa materia, è che bisogna contemperare due diritti fondamentali: uno è quello della libertà di stampa, ossia il dovere dei giornalisti di informare e il diritto dei cittadini di essere informati, e l’altro è la tutela dell’onorabilità e della privacy delle persone e, quindi, va trovato quest’equilibrio. Seguendo le indicazioni dell’ONU, dell’OSCE e di altri organismi internazionali, credo che bisognerebbe accrescere la tutela della libertà di stampa, nel senso che bisognerebbe eliminare l’aspetto penale dall’ambito della diffamazione perché, se ci sono delle diffamazioni, queste vanno affrontate dal punto di vista civilistico, con un processo civile, una responsabilità civile ed un eventuale risarcimento del danno. Far intervenire la magistratura penale in questa materia, a mio modo di vedere, è assolutamente sbagliato. Il punto che viene messo in luce in questi giorni riguarda poi la libertà del web…

… ad esempio dei blog.
Sì, e si tratta di un argomento molto delicato che andrebbe affrontato complessivamente perché è una materia diversa rispetto a quella della stampa, dei quotidiani o dei settimanali ordinari e avrebbe bisogno di normative speciali. Questo è l’aspetto sicuramente delicato che mette un po’ di fibrillazione nella discussione di questo disegno di legge.

Uno dei problemi riguarda il foro di discussione che sarebbe quello del querelante. Quali controversie comporterebbe quest’aspetto dal punto di vista giuridico?
Questo, più che dei problemi giuridici, comporta dei problemi di fatto. Pensa cosa potrebbe accadere se un blogger di Agrigento venisse querelato da un signore veneto o piemontese o viceversa! Ci sarebbero, per dire, dei problemi sia nel trasferimento dei documenti sia nello svolgimento del diritto di difesa. È stata già proposta una normativa di carattere diverso: vediamo in sede di discussione politica e di presentazione degli emendamenti cosa saccadrà. Certamente la questione va posta.

Un altro problema riguarda il risarcimento pecuniario fino a sessantamila euro: una cifra che rischia di mettere in ginocchio un giovane giornalista o, peggio ancora, un free lance o un piccolo giornale.
Porrei la questione sotto un altro punto di vista. Se ci sono dei danni specifici alle persone ed essi vengono confermati da una sentenza della magistratura, devono essere liquidati secondo le indicazioni fornite dalla Costituzione e dalla giurisprudenza. Ben diverso, e questo sì preoccupante, è il problema delle querele e delle liti temerarie: sappiamo, infatti, che in determinate zone d’Italia i giornali di varie dimensioni, piccoli, medi e grandi, sono soggetti non solo alle intimidazioni perseguite dal Codice penale ma anche a quelle basate, per l’appunto, sulle querele temerarie. Prendiamo un piccolo giornale: se gli viene chiesta una somma esorbitante, rischia di saltare, soprattutto nelle fasi preventive, quando cioè raccoglie dati e informazioni. Così facendo, quando comincia a scrivere, il giornalista sta molto attento per non rischiare di dover fare i conti con un processo penale o civile e, quindi, di dover iniziare tutta una trafila giudiziaria per potersi difendere. Questo è già successo sia al Sud che al Nord. Per stare all’attualità, parlando del Mose, ricordo richieste di risarcimento danni all’indirizzo di testate locali e nazionali assolutamente astronomiche, con un potere d’intimidazione molto rilevante. Vanno evitate queste situazioni. A tal proposito, abbiamo presentato degli emendamenti volti a bloccare, o quanto meno a frenare, queste querele e liti temerarie.

Dulcis in fundo, parliamo del PD. Lei l’altra sera, al momento del voto sul Jobs Act, è uscito dall’Aula…
Magari potessimo dire dulcis in fundo!

No, in effetti per lei questa vicenda è motivo di grande amarezza.
Mi spiace, ma non voglio parlare di questa faccenda dei dissidenti perché io sono stato eletto alle primarie del Partito Democratico parlando di giustizia, di tutela della legalità, dei lavoratori e dell’ambiente. Questo è stato il centro della mia vita e i continuerò a seguire i miei princìpi e i miei ideali, checché ne dica il provvisorio presidente del Consiglio, chiunque esso sia.

Non a caso, lei ha dichiarato che, se avesse votato la fiducia alla legge delega sulla riforma del mondo del lavoro, avrebbe tradito l’impegno di una vita.
Esattamente. Perché è vero che ho assunto un impegno all’interno del PD ma è altrettanto vero che l’impegno a tutela delle garanzie e dei diritti dei lavoratori è certamente superiore e, quindi, credo di dover rispondere principalmente a loro.


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