I bronzi, la Locride, Expo

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Per il mondo, i Bronzi di Riace sono uno dei più straordinari ritrovamenti dell’età ellenistica. In Italia, pare ci sia stato bisogno di mettere il tanga alle statue per essere consapevoli del loro valore. Oggi Gaia Soncini sulla prima della Repubblica sostiene che poi, in fondo, “dei Bronzi a stento vi ricordavate”; di fronte alle tante polemiche, sottolinea che di opere d’arte nate da interventi su altre opere d’arte ne è piena la storia contemporanea.

Mi riesce difficile – ma sarà mia personale miopia – mettere a confronto il “travestimento” dei Bronzi del fotografo Bruneau, allievo di Warhol, con i baffi dipinti da Duchamp sulla Gioconda – uno sberleffo al conformismo del sistema dell’arte -, o gli “impacchettamenti” di Christo – un modo per svelare, velando, le opere  dimenticate o date per scontate. In queste due ultime operazioni si coglie il surplus di senso creato dall’artista che fornisce agli spettatori nuovi strumenti culturali per comprendere la realtà. Per ora, l’operazione di Bruneau ha attirato solo un coro di critiche. Eppure la  Regione deve aver pensato potesse essere un buon strumento di marketing per attrarre turisti di fronte al numero esiguo di visitatori del nuovo Museo di Reggio Calabria. Al di là del valore artistico dell’operazione di Bruneau, non credo che il vero problema dei Bronzi sia un deficit di conoscenza, quanto piuttosto è la storica, irrisolta carenza infrastrutturale della Calabria a impedire a quel luogo, per altro magnifico, di decollare.

L’idea che i Bronzi possano lasciare il microclima controllato del museo archeologico  ed essere spediti a Milano per Expo 2015, come ha chiesto Vittorio Sgarbi nella nuova veste di ambasciatore per le belle arti di Regione Lombardia, non fa che procastinare la soluzione ai problemi del Sud. “E’ un’ulteriore spoliazione di un territorio già troppo sofferente – dice Gherardo Colombo, uno dei magistrati di Mani Pulite, ora consigliere di amministrazione della Rai – che incide sulla già precaria considerazione di sé degli abitanti”.

Expo può essere un’occasione per l’intero sistema-Paese. Gli Enti locali possono progettare una vera sinergia: stringere accordi con i tour-operator e organizzare voli low-cost Milano-Reggio Calabria. Così che i visitatori stranieri dell’Esposizione Universale possano godere della bellezza della statue magno-greche nella loro casa madre, a due passi dal luogo del loro ritrovamento. Sforzi concreti da parte dei vari assessorati al Turismo, alla Cultura e alle Infrastrutture di Regione, Provincia e Comune per fare uscire dall’isolamento la città, ora raggiungibile con la Salerno-Reggio Calabria e con voli rarissimi e cari.

Se ci è riuscita Bilbao a diventare città d’arte creando un museo-contenitore come il Guggenheim di Frank Gehry, può farcela anche Reggio Calabria. È una questione di volontà politica. Non bisogna creare qualcosa dal nulla, questa terra è già uno scrigno pieno di ricchezze. Seppur i media, in genere, parlino della Locride solo per crimini di ‘ndrangheta, quest’area è straordinarimanete ricca di storia, reperti archeologici e  bellezze naturalistiche. A due passi dalle acque di Riace, dove sono stati ritrovati i Bronzi, c’è l’antica Kaulon con il più esteso mosaico di epoca ellenistica, i templi di Locri Epizefiri, l’incantevole borgo di Gerace incastonato tra lo Jonio e l’Aspromonte. Un territorio ad alta densità criminale che potrebbe trovare proprio nei suoi tesori la leva per creare lavori “puliti” nei beni culturali.

La Locride può ripartire dai Bronzi, guerrieri che mantengono ancora tutta la loro forza comunicativa senza bisogno di orpelli. Non si è verificato quel processo, che Baudrillard aveva ben spiegato, per cui un’immagine, spesso abusata, divora in qualche modo il contenuto, desemantizzandolo, alla stregua di una Gioconda replicata migliaia di volta sulle tazzine del caffè. La loro potenza la spiega, in parole semplici, un vecchio custode, che chiede a un giornalista: “Che impressione le fanno i Bronzi di Riace? A me, dopo 33 anni, lasciano ogni giorno senza parole”. E la loro pregnanza semiotica, la loro forza, la traggono anche dal contesto. Dalla  Calabria.


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