Chi l’avrebbe detto, proprio Fede…

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E’ noto che uno dei proverbi più fulminanti che Cosa Nostra, nota altrimenti come la mafia siciliana, ha diffuso nella società del ventunesimo secolo e che, vivendo a Napoli e in Basilicata nell’epoca della mia giovinezza, ho  imparato a quei tempi, recita pressappoco così: “la parola migliore è quella che non si disse affatto”. Che indica uno dei comportamenti alla base, ancora oggi, dell’agire mafioso: l’omertà. Ma è, per certi aspetti, un paradosso che il giornalista in assoluto  più prono ai desideri della famiglia capeggiata dall’imprenditore di Arcore , altrimenti noto come Emilio Fede, a lungo ineffabile direttore del  TG4 , telegiornale del circuito privato ex Fininvest ed oggi Mediaset, sia proprio l’uomo che, parlando con il suo personal  trainer (questo è un Paese in cui pochi conoscono le lingue ma è molto chic, a quanto pare,  definire così  l’istruttore di ginnastica) Gaetano Ferri, ha sostenuto che ci sono all’estero settanta conti esteri, intestati a Marcello Dell’Utri, e che, grazie a questa combinazione, l’ex senatore siciliano di Forza Italia (attualmente in carcere vicino Milano ad Opera)  che rievoca (convinto di non esser registrato dal personal trainer) le origini dei rapporti tra Dell’Utri e Berlusconi negli anni Settanta: “C’è stato un momento in cui c’era timore.. e loro hanno messo Mangano attraverso Marcello.”   Si tratta di registrazioni eseguite nel 2012  che hanno convinto i pubblici ministeri di Palermo che stanno conducendo il processo sulla trattativa tra mafia e Stato a convocare, in gran segreto, l’ex giornalista televisivo e a chiedergli conferma di simili rivelazioni.

Sempre Fede, infatti, avrebbe detto al personal trainer  che “era tutto Dell’Utri che faceva girare la cosa…era praticamente quello che faceva investiva soldi mafiosi… Chi può parlare, soltanto Dell’Utri ?”  Si tratta di rivelazioni che possiamo definire  lacunose e tardive ma che vengono da uno degli uomini più vicini alla villa di Arcore e questo ne accresce l’interesse. Chi scrive dovette rinunciare a pubblicare i suoi libri successivi con un noto editore pugliese e a pubblicare altrove  saggi e  ricerche perché, cinque anni  fa, in un suo libro, intitolato Populismo autoritario, si limitò a ricordare proprio quello che il giudice Paolo Borsellino intervistato in maniera frequente e quasi ossessiva, poco prima di saltare in aria mentre entrava in casa della madre, nel pomeriggio del 19 luglio 1992, affermava a proposito di quella storia: “Vittorio Mangano, uomo d’onore della famiglia di Pippo Calò, famiglia della quale faceva parte originariamente lo stesso Buscetta. Si accertò che Mangano risiedeva abitualmente a Milano, città da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche costituiva un terminale di traffici di stupefacenti che conducevano le famiglie palermitane. E, alla domanda del giornalista francese Fabrizio Calvi: “Non le sembra strano che certi personaggi, grossi industriali  come Berlusconi, Dell’Utri ,  siano collegati con uomini d’onore tipo Vittorio Mangano?”

Borsellino rispondeva: “All’inizio degli anni Settanta, Cosa Nostra cominciò a diventare un’impresa anch’essa: un’impresa che a un certo punto diventò addirittura monopolistico, nel traffico di sostanze stupefacenti, Cosa Nostra  cominciò a gestire una massa enorme di capitali, dei quali naturalmente cercò lo sbocco, perché questi capitali in parte venivano esportati o depositati all’estero e allora si spiega la vicinanza fra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali” (cfr. Elio Veltri-Marco Travaglio, “L’odore dei soldi” Editori Riuniti, ultima edizione aggiornata, Roma, 2009 pp.35-69). Per il rispetto dei particolari, è il caso di ricordare che l’intervista rilasciata a Roma il 21 maggio 1992 è stata trasmessa una sola volta da Rainews  24 in un’ora notturna e, successivamente, per molti anni  rifiutata da tutti gli altri canali pubblici e privati del nostro Paese. E questo la dice lunga- più di molti altri discorsi che pure si potrebbero fare- su quel che manca, oggi come ieri  a una battaglia efficace e vincente contro tutte le associazioni mafiose che infestano ancora l’Europa, le Americhe e, purtroppo, l’intero pianeta.


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