Autonomia e ostruzionismo

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Tra gli accadimenti parlamentari  di questi mesi, la battaglia ostruzionistica in atto è probabilmente- e paradossalmente -,  quello meno straordinario, addirittura  fisiologico. Di battaglie ostruzionistiche , infatti , con i resistenti che urlano alla democrazia minacciata e le maggioranze   che  reagiscono con  l’accusa per sovvertimento del principio di maggioranza ,  sono disseminati gli atti e la memoria della camere. L’ostruzionismo non è una malattia dei parlamenti , è la forma estrema della dialettica parlamentare . Naturalmente, ci sono battaglie pretestuose ,altre meno : certo  non ci si può stupire di  uno scontro all’arma bianca – purchè l’arma sia regolarmente registrata e omologata – ,  sul passaggio da un parlamento bicamerale perfettamente simmetrico ad un  semibicameralismo un po’ zoppo .

Così come non erano certamente  pretestuosi  alcuni , mitici grandi  scontri del passato ,  quali quelli sull’ingresso dell’Italia nell’alleanza atlantica , o quello sull’attuazione dell’istituto regionale . Questi , ed altri della stessa intensità , lungi dall’indebolirlo , hanno rappresentato momenti di crescita del parlamento italiano : momenti nei quali dalle aule del parlamento veniva lanciato un allarme ai cittadini elettori , chi per  sottolineare la gravità di un momento e  chi , per converso , a tranquillizzarli.

Non crescerà probabilmente  , il parlamento italiano ,   con questo  ostruzionismo , in gran parte animato dallo spirito pregiudizialmente antiparlamentare di un gruppo non a caso guidato dall’esterno delle camere  ( come tutti i gruppi maggiori , per curiosa coincidenza del momento): così come non è dato sapere se crescerà grazie a questa riforma , che risponde ad una domanda di rinnovamento istituzionale che serpeggia nel paese e nella sua classe dirigente da decenni , esemplare monumento all’inconcludenza della politica.

L’enfasi che il presidente del Consiglio mette in questa sfida – in  dose supplementare rispetto a quella abituale – fa ritenere che ad un buon esito della stessa egli riconnetta effetti decisivi sul buon funzionamento delle istituzioni ,del quali le camere sono buona parte. E’ ben vero che le iniziative del capo del governo cercano  forza attraverso l’individuazione di una sfida e di uno sfidante , anche quando lo sfidante è inerte  e la sfida fa parte del procedimento precostituito delle sue iniziative. Ne sanno qualcosa i sindacati , con quel  raggelante ” ce ne faremo una ragione” ; ne sanno qualcosa i buoni funzionari , suoi primi collaboratori nell’amministrazione , da lui accomunati a quelli meno buoni in un’unica dichiarazione di guerra  che non gli sarà di alcun giovamento nell’azione di governo; ne sanno  più di qualcosa  i dirigenti ” prerenziani”  del partito democratico;e non solo. Scompare la politica come mediazione , per lasciare il posto alle sfide della politica.

Probabilmente la nuova struttura del parlamento produrrà qualche risultato in termini di efficienza , anche se il monocameralismo   esige parlamentari di buona qualità , in grado di legiferare con mano ferma e con cognizione di causa . Difficilmente ,ad esempio , potrà servire a restituire al parlamento l’autonomia perduta , e non da oggi. Il tema  dell’autonomia delle camere è sfuggente , e non è materia di inossidabili certezze.

Non per colpa di Renzi , va detto preliminarmente , c’è chi ci ha pensato prima di lui . Tanto da predisporre per il  neo capo del governo un terreno propizio all’ accoglienza acquiescente a fronte  iniziative governative  di diretta incisione sulle camere che solo un paio di decenni prima avrebbero suscitato l’accusa di sovrapposizione tra i poteri dello Stato. Nella forma più comune nel mondo delle democrazie : la sopraffazione dell’esecutivo sul parlamento . Ci ha pensato , prima di Matteo Renzi , il protagonista del ventennio precedente , sotto la cui azione politica  si è attenuata ogni distinzione tra  governo da un lato  ,e parlamento – e suoi organi ,compresi i presidenti dei due rami del parlamento – , dall’altro.

L’autonomia costituzionale delle camere ha nel nostro ordinamento uno spettro di massima ampiezza : è autonomia  funzionale ,finanziaria e contabile , giurisdizionale . Fino ad oggi – ma  recentemente  qui il capo del governo ci ha messo del suo , ad attenuarle – , le camere hanno operato  una sostanziale , gelosa  difesa dall’intromissione di controlli esterni sulla provvista finanziaria , sulla gestione interna , sui contenziosi tra dipendenti ed amministrazione. Assai meno rigorosa è stata la difesa della autonomia funzionale , relativa alla competenza legislativa , di indirizzo e di controllo sugli atti e sull’operato dell’esecutivo.

Questi profili di autonomia sono i più ghiotti per i governi , soprattutto quello che attiene alla funzione legislativa. Anche se ,per brevissimo inciso , vanno ricordate le appropriazioni indebite dell’esecutivo 2001-2006 in tema di inchieste parlamentari, rigorosamente di maggioranza , brandite come armi da guerra contro le opposizioni. Bastano i nomi ,Telekom Serbia ,Mitrokhin , con annessi faccendieri senza freni. Del nitido schema costituzionale del procedimento legislativo si salva ben poco , quando è il caso .  Atrofizzate le sedi legislativa e redigente , l’attività referente è spesso solo simulata ; l’esame in assemblea , poi , si esaurisce  sempre più spesso in una sorta di catering legislativo confezionato e recato a domicilio da Palazzo Chigi ( fortunatamente non più da una della residenze private del capo del governo),  da trangugiarsi in unica soluzione , senza distinzione  all’interno delle leggi in articoli e commi.

Dei tre soggetti asimmetricamente coinvolti nel procedimento legislativo , alle camere è rimasta in dotazione una funzione essenzialmente notarile ,quasi residuale.  Per paradosso , la fase che ha prodotto negli ultimi vent’anni qualche brivido di incertezza , una certa suspense , è stata la fase della promulgazione , con il governo che , domato il parlamento , aspettava con ansia il giudizio del Quirinale , un tempo passaggio pressochè scontato e burocratico. Sono emerse e rese pubbliche  fasi inopinate di consultazione andata e ritorno tra rispettivi “uffici ” , della  presidenza del consiglio e della repubblica , ignare le  camere. Il voto del consiglio dei ministri sulle iniziative del governo è sovente un ‘altra simulazione , applicato a moncherini di testi senza futuro e giammai ripetuto all’apparire , dopo le consultazioni citate , del  disegno di legge da inviare alle camere.

E ‘ mancata , nella  nostra pratica istituzionale ,  una misura equilibrata nella difficile relazione tra governo e camere , in taluni passaggi tra camere e presidenza della repubblica. Dominatrice nella fase  che precede l’abbattimento del muro di Berlino , fase  ricordata come quella della ” centralità del parlamento” , l’autonomia delle camere è via via scemata , dentro  la stagione dei grandi conflitti di interesse. E a nulla servirà la riforma del parlamento in esame al senato per restituire alle camere un dignitoso esercizio delle proprie funzioni , ovviamente in raccordo con il governo.

Ecco una bella sfida per Matteo Renzi ,  ripristinare un giusto rapporto tra le istituzioni politiche . Accostandosi rispettosamente a quella parlamentare , non trasformando in indomiti sfidanti prestigiosi e disinteressati parlamentari animati da autentica e sicura passione istituzionale ;puntando non all’ennesimo successo personale , quanto ad un esito che riporti ,anziché allontanarsene per partito preso , al disegno dei costituenti : quelli autentici  prima che i saggi , quelli di Lorenzago e quelli di successiva generazione.


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