“La Carta esiste, Renzi non è un Principe”

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Il Fatto Quotidiano – Silvia Truzzi
L’anno scorso incombeva la minaccia di scardinare l’articolo architrave, il 138 della Costituzione. Oggi il pericolo arriva dal combinato disposto di Italicum più riforma del Senato: Libertà e Giustizia organizza anche quest’anno una manifestazione in difesa della Carta, il 2 giugno a Modena. Tra i “professoroni” che parteciperanno c’è anche Stefano Rodotà: “L’anno scorso, dopo la festa della Repubblica, prese avvio un lavoro sfociato nella manifestazione del 12 ottobre, La via maestra. In quei mesi si era diffuso un orientamento, largamente condiviso, contro la modifica del 138. Quell’ipotesi poi cadde: dunque non è stato un lavoro inutile”.
E oggi?
L’attacco ai ‘professoroni’ ha prodotto una discussione ricca, sfociata in audizioni parlamentari, che ha prodotto proposte puntuali. I progetti del governo sono stati sottoposti a valutazioni che dovrebbero essere considerate contributi da cui non si può prescindere. Approvare un testo di riforma del Senato senza tener conto di modalità di elezione e competenze della Camera è un modo improprio e pericoloso di affrontare il problema. L’Italicum va verso una democrazia d’investitura – “la sera delle elezioni deve essere chiaro chi governerà” – e una democrazia di ratifica, in cui il Parlamento semplicemente prende atto delle volontà del governo. Il combinarsi di questi due elementi, democrazia d’investitura e di ratifica, cambia radicalmente il nostro sistema: si esce dalla logica della democrazia rappresentativa, su cui si basa la sentenza con cui la Consulta ha dichiarato illegittimo il Porcellum. L’Italicum riprende la logica del Porcellum: ed è una logica conservatrice che tende a concentrare nelle mani del governo un potere assoluto, con una Camera non più in grado di controllare. La democrazia rappresentativa va salvaguardata, garantendo equilibri costituzionali adeguati.
Il successo elettorale sembra esser diventato una legittimazione universale. L’idea, berlusconiana, del voto-lavacro …
Certamente. Berlusconi diceva: se i cittadini mi hanno votato pur sapendo che sono indagato, significa che a loro non importa. Dire “i cittadini conoscevano la linea del governo quindi l’hanno legittimata con il voto” è un’assoluta forzatura. In ballo c’è la legalità costituzionale da due punti di vista, il rispetto della democrazia rappresentativa e degli equilibri costituzionali. Che non sono materia disponibile e non dipendono da alcun eventuale plebiscito.
Pensare che il vincitore delle elezioni abbia carta bianca su tutto è poco rispettoso di un sistema che si basa anche sulla tutela delle minoranze e quindi sul pluralismo.
Non sono tra quelli che sottovalutano il risultato delle urne, e nemmeno tra quelli che lo interpretano attraverso improbabili confronti con il passato. Il risultato è stato importante, ma non significa che ora Renzi sia un Principe sciolto da ogni vincolo rispetto alle regole costituzionali!
Anche ieri il premier ha ribadito: riforme subito, entro l’estate.
Le riforme della Pa e della giustizia, che ora il governo intende affrontare, possono anche essere accompagnate da accelerazioni politiche. Ma una riforma costituzionale è cosa diversa perché riscrive il patto con i cittadini. Il patto con i cittadini non può uscire dalla logica della democrazia parlamentare rappresentativa. Non è accettabile sentire il premier dire “dopo di me il diluvio” a proposito delle riforme costituzionali.
Si sa assai poco del patto del Nazareno.
Quando Renzi annunciò la volontà di levare il segreto di Stato, dissi che il primo segreto che doveva togliere era sul patto con Berlusconi, di cui non conosciamo i contenuti. Adesso il voto europeo è usato per esaltare il premier, ma si fa finta di non vedere la sconfitta dell’altro contraente di quel patto. O si dice che il risultato è indifferente per tutti, ma se è un voto pesante si deve ridimensionare il ruolo di Berlusconi. Sono possibili maggioranze diverse se si è disponibili a vedere nel Senato non una camera irrilevante, ma un’istituzione fondamentale negli equilibri democratici.
Che pensa della mediazione maturata nel Pd sul “Senato alla francese”, cioè eletto indirettamente?
Il problema, sulla Camera alta, non è solo quale legge elettorale, ma anche quali funzioni. Avrà competenza su materie costituzionali, diritti fondamentali, commissioni parlamentari? Si possono anche considerare modalità di elezione diverse da un sistema diretto e proporzionale che a mio avviso sarebbe il migliore, ma a patto di garantire gli equilibri costituzionali complessivi.Stefano Rodotà, professore emerito di Diritto civile alla Sapienza, è tra i promotori della manifestazione del 2 giugno

Da libertaegiustizia.it


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