Cala la grave deprivazione delle famiglie. Picco della povertà persistente

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Tutti i dati del Rapporto annuale Istat. Il livello di grave deprivazione nel 2013 scende di due punti percentuali rispetto al 2012 ma rimane sempre molto elevato. A calare sono anche la spesa per i consumi e la propensione al risparmio. Cresce il ruolo del non profit nella sanità e nell’assistenza sociale

ROMA – Nel 2013 migliora lievemente la situazione delle famiglie italiane, il cui livello di grave deprivazione, dopo il picco del 14,5 per cento del 2012, registra un  miglioramento scendendo al 12,5 per cento ma mantenendosi comunque a livelli molto elevati rispetto agli anni precedenti. Nel 2010, infatti, la percentuale era ferma al 6,9 per cento. A calare, invece, è la spesa per i consumi mentre nel 2012 si registra un livello di povertà persistente tra i più alti d’Europa. E’ questa la fotografia delle famiglie italiane scattata dal rapporto annuale Istat 2014, presentato oggi a Roma.

Secondo il rapporto, molte famiglie che fino al 2011 avevano utilizzato i risparmi accumulati o avevano risparmiato meno (la propensione al risparmio è scesa dal 15,5 per cento del 2007 al 12 per cento del 2011) hanno ridotto i propri livelli di consumo nel 2012 per mantenere i loro standard. La contrazione dei livelli di consumo si è verificata nonostante l’ulteriore diminuzione della propensione al risparmio (pari all’11,5 per cento) e il crescente ricorso all’indebitamento (nel 2012, le famiglie indebitate superano quota 7 per cento).

L’indicatore di povertà assoluta, stabile fino al 2011, sale di ben 2,3 punti percentuali nel 2012, attestandosi all’8 per cento delle famiglie. La grave deprivazione, dopo l’aumento registrato fra il 2010 e il 2012 (dal 6,9% al 14,5% delle famiglie) registra invece un lieve miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5 per cento.

Per quanto riguarda il rischio di persistenza in povertà (ovvero la condizione di povertà nell’anno corrente e in almeno due degli anni precedenti), è nel 2012 tra i più alti d’Europa (13,1 contro 9,7 per cento). Si tratta di una condizione strutturale: le famiglie maggiormente esposte continuano a essere quelle residenti nel Mezzogiorno, quelle che vivono in affitto, con figli minori, con disoccupati o in cui il principale percettore di reddito ha un basso livello professionale e di istruzione. Il rischio di persistenza nella povertà raggiunge il 33,5 per cento fra le famiglie monogenitoriali con figli minori. Nel Mezzogiorno è cinque volte più elevato che nel Nord, tre volte più elevato tra gli adulti sotto i 35 anni, due volte più elevato tra i disoccupati e gli inattivi.

I trasferimenti sociali sono una parte significativa, soprattutto tra i poveri, del reddito disponibile. Nel 2012, quasi il 38 per cento delle famiglie ha ricevuto trasferimenti sociali, per un ammontare pari a circa il 12 per cento del reddito familiare disponibile. Al netto di tali trasferimenti, il rischio di povertà sarebbe di cinque punti percentuali superiore a quello osservato (24,4 per cento contro il 19,4 per cento). Il rischio di povertà persistente salirebbe invece dal 13,1 al 17,8%.

Gran parte delle famiglie ha un solo percettore di reddito. Il rapporto rileva che la fase di crisi economica ha mutato la struttura del reddito familiare: nel 2011, il 45,1 per cento delle famiglie ha al suo interno un solo percettore di reddito (42,4 per cento nel 2007), il 41,2 per cento ne ha due e il 12,8 pere cento tre o più. Anche i trattamenti pensionistici concorrono, più che in passato, a determinare le condizioni economiche delle famiglie. Tra il 2007 e il 2011, aumenta anche il contributo al reddito familiare di ogni singolo pensionato, pari in media al 43 per cento (due punti percentuali in più).

Cresce il ruolo del non profit nella sanità e nell’assistenza sociale. Il settore del non profit svolge un ruolo crescente nell’ambito della sanità e dell’assistenza sociale, tuttavia alcune permangono alcune criticità. In particolare,  c’è troppa eterogeneità nella distribuzione territoriale e nella dimensione delle istituzioni, misurata in termini di numero di dipendenti. Una situazione particolarmente evidente al Sud, dove si configura una realtà parcellizzata con una elevata frequenza di piccole unità.

In calo spesa dei comuni per povertà e disagio. Aumenta per i disabili. Scende la spesa per le politiche di welfare nei comuni italiani. Nel 2011, per la prima volta dal 2003, la spesa sociale risulta in diminuzione rispetto all’anno precedente. Le risorse destinate dai Comuni alle politiche sociali territoriale ammontano, infatti, a circa 7 miliardi e 27 milioni di euro, al netto della compartecipazione alla spesa da parte degli utenti e del Sistema sanitario nazionale, con una diminuzione dell’1 per cento rispetto al 2010. Aumenta invece la spesa rivolta ai disabili aumenta di circa 35 milioni di euro dal 2010 al 2011 (+ 2,2 per cento). Anche in questo caso le differenze territoriali sono molto rilevanti.

Spesa sanitaria in calo nel 2012. Con circa 111 miliardi di euro è inferiore dell’1 per cento rispetto al 2011 e dell’1,5 per cento rispetto al 2010, mentre restano i divari strutturali tra Nord e Sud e tra chi può sostenere economicamente le cure e chi no

In Italia si vive più a lungo, ma ci sono sempre meno bambini. In Italia si vive sempre più a lungo, ma mentre cresce la speranza di vita, resta bassa la propensione ad avere figli, tanto da avere un indice di vecchiaia tra i più alti al mondo. Secondo il rapporto Istat, nel 2012 la speranza di vita alla nascita è giunta a 79,6 anni per gli uomini e a 84,4 anni per le donne, un’età superiore rispettivamente di 2,1 anni e 1,3 anni alla media europea. Calano inoltre gli ingressi degli stranieri e sempre più italiani si trasferiscono all’estero. (ec)

Su RS Agenzia giornalistica tutti i lanci sul Rapporto annuale Istat 2014, presentato a Roma.

Da redattoresociale.it

 

 


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