Prato, 7 morti vittime di un capitalismo avido che disprezza dignità e diritti umani

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La crisi uccide in tanti modi, uccide 5 operaie a Barletta sotto le macerie  di un fabbricato dove lavoravano a nero per 4 euro l’ora, uccide 7 operai a Prato nella loro fabbrica dormitorio. Ha ucciso buona parte dei 790 lavoratori nel 2012 che lavoravano in pessime condizioni di sicurezza. Uccide con il ricatto a cui viene sottoposto chi disperatamente cerca un lavoro, uccide perché è figlia di un capitalismo avido che disprezza la dignità della vita e calpesta i diritti umani, uccide perché genera divisioni fra lavoratori.
Ieri a Prato sono morte 7 persone, bruciate nel capannone dove lavoravano e dove dormivano, erano cinesi. In queste ultime ore leggo messaggi d’indignazione riguardo le condizioni di vita di molti lavoratori cinesi a Prato, messaggi di cordoglio scaturiti da questa tragedia.

Non mi è difficile immaginare le condizioni di vita di chi, cercando un futuro migliore per la propria vita e quella dei propri familiari, vive in condizione di schiavitù. Prato è un triste esempio di sfruttamento sotto gli occhi di tutti, ma non solo nella città del tessile è visibile questo sfruttamento, io lo vedo dalla finestra di casa mia, lo percepisco dai rumori  che sento nella piccola via dove abito nel comune di Empoli. Ogni tanto vedo le volanti della polizia, vedo qualcuno correre, ma i rumori dietro le saracinesche chiuse ci sono sempre come il via vai di padroni italiani che portano ordini e ritirano le merci. Vedo nel mio cortile come vivono famiglie di cui non riesco neanche a contare i componenti, vivono in uno scantinato che ha una parte aperta riparata solo da una tettoia  ed è qua che cucinavano e lavano anche in questi giorni freddi.
Non è più ammissibile far finta di niente, non dovrebbe neanche essere ammissibile accettare condizioni di vita e di lavoro degradanti e pericolose per la propria salute, ma mi chiedo cosa farei io se non avessi niente, forse anche io cederei al ricatto e accetterei qualsiasi cosa pensando alla mia famiglia. Non sono solo i cinesi, che molti condannano perché stupidamente credono che la colpa della crisi del lavoro sia una buona parte da attribuire a loro, ma anche molti altri lavoratori di origine straniera e italiani che vivono sotto questo ricatto, ricatto che arricchisce gli sfruttatori e impoverisce tutti noi. Dovremmo esigere per tutti il rispetto dei diritti sul lavoro per tutti, non dovremmo permettere il lavoro nero e pessime condizioni di sicurezza, ma fino a quando non usciremo dalla mentalità  del cercare il colpevole fra i poveri, come noi, difficilmente cambieranno le cose e ci sarà sempre qualcuno da poter sfruttare, italiano o cinese che sia.


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