Scoop su Riina costa a tre giornalisti la perquisizione. Fnsi: “vicenda sconcertante”

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I carabinieri del nucleo investigativo di Catania sono arrivati ieri mattina alle prime ore del mattino ed hanno passato al setaccio gli appunti, i personal computer, i telefoni cellulari e le agende di tre giornalisti palermitani: Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza del “Fatto Quotidiano” e Riccardo Lo Verso di “livesicilia.it”. La perquisizione delle abitazioni dei giornalisti è legata da un’inchiesta aperta nei giorni scorsi dalla procura di Catania su una presunta fuga di notizie. Il nodo dell’indagine è costituito dalla notizia esclusiva, pubblicata dal “Fatto Quotidiano” il 9 ottobre scorso, di un possibile nuovo attentato progettato dal boss di “Cosa Nostra” Salvatore Riina.

“Un filo contorto sta rischiando di provocare un grave corto circuito nel rapporto tra informazione e magistratura in Sicilia. E’ quanto siamo costretti a pensare dopo una serie di vicende che vedono i giornalisti messi sotto pressione nel corso di indagini volte a prevenire e a combattere gravi reati mafiosi. Impossibile accettare come atto ordinario, la perquisizione nell’abitazione di tre cronisti palermitani, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza (che operano per il Fatto Quotidiano) e Riccardo Lo Verso del sito di informazione “Live Sicilia”, disposta sabato scorso dalla Procura di Catania”. Lo scrive in una nota la Federazione Nazionale della Stampa. Pare che gli investigatori cercassero l’origine di una presunta fuga di notizie. Ma non può non porre pesanti interrogativi il fatto che – a quanto se ne sa – si tratta di un’inchiesta contro ignoti per violazione di segreto d’ufficio con l’aggravante di aver favorito la mafia. Perquisire dei giornalisti che hanno riportato notizie, di cui sono venuti a conoscenza sulla base di ricerche e valutazioni di carattere professionale, in un’indagine che richiama reati di tale gravità, pare assolutamente allarmante. Possono i colleghi aver violato segreto d’ufficio di documenti di cui non hanno responsabilità di custodia e né di altro genere non essendo operatori di pubblico ufficio? Perché continuare a mirare sui giornalisti che hanno invece il dovere di informare su vicende di interesse pubblico di cui sono a conoscenza? E addirittura si può accostare questo lavoro giornalistico a un’attività di favore verso la mafia, quando i cronisti stanno lavorando per offrire notizie al pubblico che risultano anche utili, per la loro portata conoscitiva, a promuovere cultura e interesse sociale per la legalità? Se invece ci sono sospetti e contrasti interni alle stesse magistrature, ancora meno comprensibile sarebbe l’interferenza sui giornalisti.

Le sentenze della Corte di Strasburgo, per l’arretratezza del nostro Codice in materia di limitazione alla stampa e per certe azioni investigative contro i giornalisti continuano, ad essere inascoltate. La vicenda di Lo Bianco, Rizza e Lo Verso non può che avere la solidarietà di tutto il Sindacato dei giornalisti, che già si espresso a livello regionale con l’Associazione della Stampa e l’Ordine e, nazionalmente, anche con l’Unione Cronisti Italiani.

In Sicilia sono già troppi i condizionamenti pesanti per l’attività libera dei giornalisti. Si pensi alla grave minaccia a un collega di Ragusa, ultimo in ordine di tempo, e a tanti altri episodi subiti spesso senza tutele alcune dai colleghi più indifesi che operano sulla frontiera delle cronache locali. La messa in discussione permanente (è accaduto più volte nell’isola) del segreto professionale dei giornalisti da parte della magistratura diventa oggi elemento di corto circuito piuttosto sgradevole.”


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