Lo statista stanco e il gay décontracté. Il caffè del 23 giugno

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Domani tre donne (come sottolinea il Giornale) giudicheranno Silvio Berlusconi. Diranno se quella telefonata alla Questura fu concussione, cioè se l’esserne l’autore il  presidente del consiglio abbia indotto (o abbia voluto indurre) a non mandare, quella notte, Ruby in comunità. E diranno se l’anziano premier abbia mai “utilizzato” – non è necessario provare la penetrazione – una prostituta minorenne. Nell’attesa, sale la tensione.

“Iva. Niente aumenti o tutti a casa”, Repubblica. “L’ultimatum di Alfano a Letta”, Sole24Ore. “Governo, ultimo avviso”, il Giornale. Solo La Stampa non abbocca: “l’Iva non aumenterà”, con intervista a Fassina che prevede il rinvio dell’aumento, come quello del pagamento dell’IMU, a ottobre. Poi si vedrà. Ma nei prossimi giorni continuerà  il rollio e il beccheggio. Dopo Ruby è infatti atteso il rinvio a giudizio per la compravendita di senatori, la sentenza definitiva sul risarcimento a De Benedetti, la battaglia al Senato sulla ineleggibilità. Giorni d’inferno. Così i giornalisti più “lirici” raccontano di un Silvio  – statista “stanco” e dunque non in grado di tenere a bada gli istinti guerrieri del suo popolo della libertà.

Divertente Il Fatto lo definisce, invece, “Il Compagno Berlusconi”, riferendo di telefonate e inviti che avrebbe rivolto ad Airaudo (Ora parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà) e a Landini. Quei “metalmeccanici” gli piacciano. Come lui, cercano alternative alla cieca obbedienza europea. Conoscendolo un po’, penso che sia tutto vero. Berlusconi sa di avere perso il doppio petto. Chiamando alle armi il popolo dei tartassati (veri e presunti) dal fisco, evocando condoni e lodando comportamenti illegali se servono a difendere la proprietà, Berlusconi può ancora riunire vari milioni di voti. Non vincere. Per vincere bisognerebbe inventarsi uno schema destra – sinistra. Ha ragione. E si potrebbe persino fare, se la destra avesse un leader giovane, populista, ma con legami meno scoperti con le lobby dei troppo ricchi e potenti. Se Grillo non fosse matto e i nostri Bisignani si potessero fidare di un attore…

A proposito, Feltri e Scalfari lanciano lo sguardo oltre l’estate, oltre la siepe del Governo Letta che entrambi sembrano ormai dare per spacciato. Vittorio (Feltri) assicura i lettori del Giornale: non ci sarà un governo Pd – M5S. Grillo non lo consentirà. Vuole andare al voto e sfidare, lui da solo, il Cavaliere. Per Eugenio (Scalfari), invece, il destino è più giovane. Sarà Matteo Renzi l’uomo nuovo destinato a sbancare il congresso del Pd e a mettere un’ipoteca sulle prossime elezioni. Il ballo comincerà dopo. Pd centrale, Pd inutile. Chi dei due avrà ragione? Vedo altre variabili. Una rivolta contro il voto, se rimarrà il porcellum. Una precipitazione greca, se l’alternativa fosse (o dovesse apparire) tra demagoghi e populisti un contro l’altro armati. Persino un Letta bis senza politici e maggioranze variabili, se “sua viva e vibrante” se la sentisse ancora di fare a modo suo. Sempre nell’interesse della Nazione.

Ma voglio parlarvi di due manifestazioni. Cgil, Cisl, Uil che sfilano insieme (dopo 10 anni, qualcuno ha tenuto i conti). E sfidano il governo a fare qualcosa per il lavoro. Non perdonano a Letta quello slogan, “governo del fare”- Gli sembra una presa in giro. Su Repubblica, Luciano Gallino, dà 4 consigli ai sindacati: a) battersi per la piena occupazione; b) chiedere salario, salario e ancora salario, perché il reddito si è redistribuito impetuosamente a favore dei ricchi, in Italia ancora di più che nel resto del mondo; c) chiedere una politica industriale che lasci perdere le vecchie cattedrali del lavoro e cerchi nuovi campi ad alta intensità di mano d’opera, sia tradizionali che innovativi; d) una nuova legge per l’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione, in modo che nessun sindacato sia più escluso dal tavolo con le controparti. Ha ragione Gallino? Direi di sì. Ma la strada è in salita. In venti anni i sindacati si sono imbolsiti e hanno cambiato natura, più che soggetti mi sembrano articolazioni di un potere pubblico abusato. Peggio dei partiti.

“Libera la mente, libera l’anima”. “Lo stato ha fatto la mafia. La natura ha fatto noi froci”. Due cartelli, due momenti, del lungo corteo arcobaleno (genitori gay, cattolici e imprenditori omosessuali, ragazze e ragazzi che tengono per mano sessantenni in festa) che ho visto sfilare nel centro di Palermo. Il Gay Pride si riprende la Sicilia. E dai balconi o sui marciapiede i palermitani applaudono. Mi serve un aggettivo francese per definire questo Gay Pride: décontracté. Oggi sentirò gli organizzatori. Per capire meglio.

Da corradinomineo.it


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