Libano 120mila. Siria 60mila

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Spesso, e giustamente, citata come capostipite delle guerre civili contemporanee, antesignana di quelle finalizzate alla pulizia etnica, la guerra civile libanese ha prodotto l’orrore di 120mila morti, 130mila secondo altri computi. Bashar al-Assad è ancora distante da quel primato, ma se si considera il fattore tempo il dittatore siriano, con 60mila morti ammazzati, può essere considerato un recordman. I dati questa volta li ha forniti l’Onu, non l’Osservatorio Siriano per i diritti umani. E indicano in tutta la sua evidenza il baratro in cui è precipitata la credibilità della comunità internazionale, capace di contare i morti ma incapace di reagire anche se arrivano a livelli da capogiro del genere.

Sono livelli da capogiro ancor di più se si considera il numero dei “presunti morti”, il numero dei torturati, il numero dei rifugiati, il numero degli sfollati. Davanti a tutto questo se uno si ricorda che Barack Obama decise l’intervento in LIbia per “evitare una catastrofe umanitaria a Bengazi”, viene da chiedersi in questi 21 mesi di conflitto siriano dove sia finito il presidente americano. Pensava alla rielezione? Non pensava al danno enorme che una simile politica del “laviamocene le mani” avrebbe causato alla sua credibilità?

La politica del “alla larga della Siria” è stat ovviamente giustificata dai veti russi e cinese, ma c’è un altro veto da ricordare. Molto importante.

L’ONu non incrimina Assad per crimini di guerra perché, non riconoscendo la Siria la corte criminale internazionale, per procedere serve il voto del consiglio di sicurezza dell’Onu. Voto che non arriva per il veto russo e per quello cinese. Ma l’incriminazione potrebbe avvenire anche su indicazione della Lega Araba. Indicazione che non arriva per un motivo chiaro: troppi altri leader arabi vogliono la caduta di Assad, ma non la giustizia internazionale, soprattutto se riferita alla difesa dei diritti dll’uomo.

Il criminale numero due, però, è chiaramente Putin. E la sua scelta va spiegata. Difende Assad e non lo molla per un motivo, se non unico di certo prioritario: a lui la guerra in Siria serve per vendere armi. Punto.

da Il Mondo di Annibale


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