Legge elettorale. Caro Roberto, non sei solo

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Quando ci siamo occupati per la prima volta della sua battaglia, l’onorevole Roberto Giachetti aveva iniziato da tre settimane lo sciopero della fame per chiedere l’abolizione del “Porcellum” e il varo di una legge elettorale degna di una democrazia occidentale. Era luglio e il caldo asfissiante di quei giorni indusse molti di noi non solo a preoccuparci delle sue condizioni di salute ma, soprattutto, a scegliere di sostenere attivamente la sua lotta, accettando di dargli il cambio e di rinunciare per ventiquattr’ore al cibo, in una staffetta di solidarietà promossa dal PD Roma e intitolata, per l’appunto, “24 ore di digiuno per dire no al Porcellum”.

Sono trascorsi quattro mesi (nel frattempo abbiamo digiunato in tanti e ne ho dato conto proprio su queste colonne) ma, nonostante le incessanti richieste avanzate dal Capo dello Stato, il capolavoro “made in Calderoli” è ancora lì, intatto, e forse, a questo punto, non ci sono più nemmeno i tempi tecnici per smantellarlo e consentire, quanto meno, ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti. Senza contare, poi, le proposte di riforma avanzate finora dal centrodestra: rimedi peggiori del male, talmente inadeguati che avrebbero tutti come conseguenza l’assoluta ingovernabilità del Paese e l’inevitabile ritorno di Monti a Palazzo Chigi, al netto della volontà degli elettori.

Se ben ricordate, nel 2005 si profilò lo stesso scenario: Berlusconi era ormai in caduta libera, travolto alle Regionali in primavera e costretto a formare un nuovo governo, e l’Unione guidata da Prodi, forte anche dello straordinario risultato ottenuto alle Primarie del 16 ottobre (le prime in Italia), si apprestava a vincere le elezioni per provare a invertire la rotta rispetto alle politiche portate avanti dalla compagine del Cavaliere. Fu allora che il centrodestra escogitò l’attuale legge elettorale, basata sulla vergogna delle liste bloccate e su un premio di maggioranza che, anziché favorire la governabilità, consente a chi ha preso anche un solo voto in più degli avversari di disporre del cinquantacinque per cento dei seggi alla Camera.

Come tutti sappiamo, nel 2008 il governo Prodi, costretto a fare i conti con una maggioranza quasi inesistente al Senato, cadde e si tornò alle urne; stravinse Berlusconi e il Parlamento, come d’incanto, si semplificò, con la scomparsa dei piccoli partiti che non erano riusciti a superare la soglia del quattro per cento. All’epoca, quasi tutti i giornali esaltarono la “semplificazione del Parlamento”, l’importanza di una maggioranza ampia e coesa per governare il Paese e altre amenità che quattro anni dopo potrebbero strapparci un sorriso se non fossimo ridotti come siamo ridotti.
Perché questo è il “Porcellum” contro il quale Roberto Giachetti ha condotto, per oltre ottanta giorni, un devastante sciopero della fame: è lo specchio del declino morale dell’Italia ed uno dei simboli più evidenti della crisi della politica che, purtroppo, ha investito anche chi si dedica agli altri con generosità, passione e umanità, chi rispetta e amministra bene la cosa pubblica e chi considera l’Italia un bene comune e non una carcassa da spolpare a piacimento.

Come abbiamo detto già in altre occasioni, non smetteremo di batterci al fianco di Roberto e di quel milione e passa di italiani che un anno fa firmò per chiedere che fosse indetto un referendum che chiedeva l’abolizione di quest’obbrobrio e, di conseguenza, il ritorno al “Mattarellum”: non la panacea di tutti i mali ma, senz’altro, una legge all’altezza di una democrazia matura.
E non smetteremo perché amiamo la politica, perché crediamo nella buona politica e detestiamo il qualunquismo, i luoghi comuni, le frasi fatte e, più di ogni altra cosa, l’ingiustizia di vedere dei galantuomini accomunati a persone che non sarebbero mai dovute entrare nelle istituzioni.

Caro Roberto, non sappiamo se riuscirai a vincere la tua battaglia: le notizie delle ultime ore inducono ad un cauto ottimismo ma è bene non illudersi troppo e non cantar vittoria prima del tempo. In ogni caso, sappi che noi ti siamo vicini, ti ringraziamo per questo tuo immenso sacrificio e siamo lieti che abbia ripreso ad alimentarti: ne va della tua salute e della tua integrità fisica.
Non sei solo, caro Roberto, almeno finché esisterà Articolo 21 non lo sarai mai, perché la tua sfida è la nostra sfida, accomunati dalla stessa speranza di regalare alle nuove generazioni un Paese più giusto ed un futuro migliore.


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