Diffamazione: scendiamo in piazza contro la ‘legge Manette’

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Il presidente del Senato Schifani ha invitato i giornalisti a non scioperare, assicurando la sua mediazione per una modifica all’attuale testo sulla diffamazione e che potrebbe essere votato, con procedura inaudita, nella seduta di lunedì, magari persino con votazioni notturne.  Forse il presidente Schifani avrebbe fatto meglio a far sentire la sua voce prima della proclamazione dello sciopero. Forse avrebbe potuto rivolgere un appello a quei parlamentari che vogliono solo consumare una vendetta ed introdurre una sorta di “Legge manette”.
Quel testo non è più mediabile, sbaglia chi continua a coltivare illusioni di trattativa e di possibili miglioramenti.
Quella robaccia va solo ritirata, rimessa nei cassetti, in attesa di tempi migliori quando si potrà forse tornare a parlare seriamente di rettifica, di tutela del diffamato, di querele temerarie, di Giurì per la lealtà della informazione.

Oggi non ci sono le condizioni, prevale la banda dei conflitti di risentimento e dell’odio trasversale per i cronisti e per il diritto di cronaca. Sciopero o non sciopero, queste scelte spettano ai sindacati, sarebbe ora un gravissimo errore abbassare la guardia.
Le prossime ore dovranno essere spese per promuovere una grande campagna di informazione contro la legge bavaglio, utilizzando tutti i mezzi possibili: dai videomessaggi, agli editoriali, dai  comunicati delle redazioni, sino alle manifestazioni davanti alle sedi istituzionali, e magari a qualche prima pagina bianca, sinistra testimonianza di un futuro da scansare.

La Fnsi sta valutando l’ipotesi di indire una manifestazione per lunedì sera vicino al Senato, a Roma.  Ci sembra giusto ed opportuno. Sarebbe  bello che ciascuno di noi si recasse all’appuntamento portando con sé una copia della Costituzione ed una candela per simboleggiare la volontà di contrastare con la luce oscurità, oscurantismi, censure.

Perché non aprire i nostri siti, i blog, con la scritta “No alla legge manette“?

Alle tv , alle radio, in particolare ai conduttori e alle conduttrici dei programmi più seguiti, giornalisti con o senza tesserino professionale, ci sembra giusto chiedere di dare volto e voce a questa protesta che non riguarda una corporazione, ma investe direttamente spirito e lettera dei valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.
Uno sciopero può essere ‘differito’, l’impegno per affossare questo provvedimento e per difendere la libertà di informazione non possono invece conoscere né rinvii, né pause!

Dal Fatto quotidiano


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