La mafia come metodo ( di Nicola Tranfaglia)

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Pubblichiamo di seguito un estratto dall’ultimo libro di Nicola Tranfaglia “La mafia come metodo” edito da Mondadori Università. In cui bìvine ricostruita una storia delle “trattaive” che hanno visto coinvolti apparati dello stato e associazioni mafiose.

Dal capitolo 16
“Se si vuole ricostruire il lungo percorso delle trattative, intraprese in una storia durata ormai più di cento cinquant’anni  dal 1861 ad oggi ,da uomini degli apparati dello Stato e del governo in carica, da una parte, e  dai capi delle associazioni mafiose che ,da oltre due secoli, si sono formate, occorre riempire molte più pagine di quelle che seguono e fanno parte del saggio LA MAFIA COME METODO appena pubblicato da Mondadori Università dopo che gli editori Laterza nel 2010 rifiutarono- senza ragione apparente-  una storia completa del berlusconismo poi pubblicata da me nello stesso anno con l’editore Baldini Castoldi  Dalai con il titolo di Populismo autoritario  e che oggi è esaurito ma, a quanto pare, non trova un altro editore.

In questo saggio, oggi presente nelle librerie ,  io parlo delle trattative intercorse negli anni ottanta e novanta durante quella che viene considerata da molti la crisi finale della repubblica e che molti storici di quel periodo(come chi scrive)ritiene invece sia stata una forte trasformazione politica che ha segnato nel ’94 , con l’avvento al potere di Silvio Berlusconi,  l’avvento di un’era di populismo non ancora oggi conclusa oggi.
Alla metà degli anni Ottanta del Novecento-in base  ad   elementi che provengono da  fonti giudiziarie estratte dai processi ancora in corso a Palermo, a Caltanissetta e a Firenze per le stragi del 92/93-riprendonotrattative    sotterranee tra organi dello Stato e le  associazioni mafiose.
Nel biennio tra il 1985 e il 1987, il rapporto di difficile ma sicura convivenza tra lo Stato e Cosa Nostra degli anni precedenti entra in crisi quando il pool antimafia di Falcone,
Borsellino e altri magistrati siciliani  alza  il tiro delle indagini e, preparando  il maxi processo,  grazie alle rivelazioni di Tommaso Buscetta,   Totuccio    Contorno e Nino Calderone, comincia ad occuparsi anche di politici come l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e di quelli che erano stati per un quarantennio gli esattori insieme della mafia e delle istituzioni pubbliche siciliane ,i due cugini Nino e Ignazio Salvo.
Nel 1897 Cosa Nostra decide di punire la Dc, spostando i suoi voti in Sicilia  sul   PSI e, in misura minore, sui radicali. L’anno prima, nel novembre 1986, il boss mafioso di Catania, Nitto Santapaola, organizza un attentato dimostrativo nella villa milanese in via Rovani, tentando di usare come tramite per  i rapporti con l’imprenditore televisivo Silvio Berlusconi
un  vecchio amico del Cavaliere: Marcello dell’Utri.

Alle elezioni del 1987 Cosa Nostra fa votare per  il  Psi che in Sicilia presenta come capolista Claudio Martelli anche se non si può parlare in nessun modo  di collusione tra il leader socialista e Cosa Nostra.
Due anni dopo hanno luogo gli attentati mafiosi contro i grandi magazzini Standa(  che erano allora di Silvio Berlusconi)ma vengono interrotti-secondo i giudici palermitani- grazie alla mediazione di Marcello Dell’Utri   (così si scrive nella sentenza di primo grado della II sezione penale del Tribunale di Palermo, annullata  in Cassazione e rinviata a un nuovo processo presso la Corte di Appello di Firenze che si svolgerà-è presumibile-nei prossimi mesi) .

Il rapporto con i socialisti delude Cosa Nostra, che torna ad appoggiare la Democrazia Cristiana nelle elezioni del 1991, facendo eleggere deputato regionale  l’andreottiano
Giuseppe Gianmarinaro.
I cugini Salvo e il referente andreottiano in Sicilia, l’on.   Salvo Lima ,  avevano garantito a Cosa Nostra che il maxiprocesso sarebbe stato annullato in Cassazione dal presidente Corrado Carnevale, noto come “l’ammazza sentenze” secondo alcuni giornali della sinistra politica.
Ma il 30 gennaio 1992,in seguito alla sollecitazione del giudice Giovanni Falcone, da poco direttore degli Affari Penali ,al ministro della Giustizia Martelli , il presidente della Cassazione decide   di istituire la prassi della rotazione dei presidenti di sezione della Suprema Corte. Così a presiedere il collegio nno va Corrado Carnevale ma Arnaldo Valente. La Cassazione conferma le condanne dei boss per un complesso di pene per cui molti non potrebbero uscire dal carcere prima della morte.

La reazione di Salvatore Riina contro i politici che l’hanno “tradito” è terribile. Il 12 marzo a Palermo viene assassinato l’eurodeputato Salvo Lima e, pochi mesi dopo ,l’ altro garante del patto non rispettato Ignazio Salvo(il cugino Nino era morto tempo prima per un tumore).
Ma tra i bersagli di Cosa Nostra c’erano altri politici:i siciliani Calogero Mannino della Dc, Carlo Vizzini del PSDI ,Sebastiano Purpura, assessore del Bilancio nella regione Sicilia, e il socialista Salvo Andò. Inoltre Claudio Martelli  e l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti, da poco nominato dal presidente della repubblica Cossiga senatore a vita.
La notizia arriva subito agli interessati. Il 16 marzo in una nota riservata il capo della Polizia Vincenzo Parisi scrive :”Sono state rivolte minacce di morte contro il signor presidente del Consiglio e i ministri Vizzini e Mannino….per marzo-luglio si prepara una campagna terroristica con omicidi di esponenti DC,PSI et PDS, Quattrononché sequestro et omicidio futuro presidente della repubblica…strategia comprendente anche episodi stragisti….”.

Quattro giorni dopo, in commissione Affari Costituzionali del Senato, il ministro dell’Interno Vincenzo Scotti , parla di un “piano destabilizzante” contro lo Stato.  Dopo l’arresto, il 17 febbraio 1992,di Mario Chiesa esplode in Italia lo scandalo delle tangenti ai politici. Cosa Nostra si attiva subito per avere nuovi referenti politici intorno a vari progetti di  secessione
(le “leghe meridionali”) imitando il modello della Lega Nord che aveva avuto grande successo in Lombardo Veneto.
Nell’aprile maggio 1992,Riina,messo da parte il progetto di eliminare Andreotti o qualcuno della sua famiglia per le eccezionali misure di sicurezza, ordina di eseguire la condanna a morte contro il simbolo del maxi-processo, Giovanni Falcone.

“Quando venne    ucciso Lima-racconterà Giovanni Brusca-mi disse che Ciacimino e dell’Utri  si erano proposti come nuovi referenti per i rapporti con i politici.
Il 21 maggio Paolo Borsellino rilascia una clamorosa intervista a   due  giornalisti francesi di C anal Plus in cui parla di indagini sul mafioso Vittorio Mangano già “stalliere” ad Arcore e sui suoi rapporti con Berlusconi e Dell’Utri. L’intervista non va in onda sugli schermi della Rai e verrà scoperta e riprodotta da Rainews nel 2000 ma è probabile che fosse giunta alle orecchie del gruppo berlusconiano.
Due giorni dopo, proprio alla vigilia della prevista elezione di Giulio Andreotti a presidente della Repubblica, Falcone, la moglie e la scorta saltano in aria a Capaci. Il parlamento dopo avvenimenti così traumatici elegge invece Capo dello Stato l’ex ministro dell’Interno, Oscar Luigi Scalfaro. “


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