Difendiamo “Focus”, difendiamo l’editoria

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Osservo i volti dei dipendenti della “Gruner+Jahr Mondadori” e mi tornano in mente le tante manifestazioni alle quali ho partecipato in questi anni. Ascolto le loro storie e mi rendo conto di averle già sentite e lette quasi tutte: storie di vite precarie, di destini incerti, di prodotti editoriali che rischiano la chiusura o il fallimento, di un patrimonio culturale che viene eroso di giorno in giorno, in un silenzio quasi assordante, o peggio ancora tra le grida di giubilo degli accaniti sostenitori dell’abolizione dei finanziamenti pubblici all’editoria.
Tuttavia, in questo caso, la vicenda è più triste del solito, perché, tra giornalisti, poligrafici e amministrativi, a rischiare il posto sono ben sessanta persone su centoventi, in seguito alla decisione dell’amministratore delegato del gruppo, Fabienne Schwalbe, di prevenire la diminuzione dei guadagni a causa dei minori introiti pubblicitari.

A nulla sono servite le cifre, per quanto incoraggianti, che hanno caratterizzato i bilanci degli ultimi due anni: nel 2011, l’utile netto è stato di quattro milioni di euro; nel 2012, si prevede il pareggio di bilancio che, di questi tempi, specie per un comparto specialistico come quello scientifico, non è certo da buttar via. A chiudere, infatti, saranno ben otto testate su tredici: “Focus Extra”, “Focus Domande e Risposte”, “Focus Brain Trainer”, “Wars”, “Biografie”, “Jack”, “Geo” e l’appena nata “Focus Wild”.
Fortunatamente, la risposta dei dipendenti non si è fatta attendere: su Facebook, è nato un gruppo dal nome significativo: “Gli esuberanti”, a dimostrazione di uno stile di protesta vivace, effervescente e persino simpatico, a dispetto della drammaticità delle notizie che incombono sul loro futuro. E fortunatamente, queste persone, hanno trovato sulla loro strada la disponibilità e l’attenzione di Giuseppe Civati, consigliere regionale lombardo in quota PD e politico raro in una fase delicata ed incerta come quella che stiamo attraversando.

Avendolo conosciuto bene in questi anni, difatti, posso dire che Pippo è uno di quei personaggi che, quando lo chiami in causa, non si risparmia mai, soprattutto se si tratta di diritti civili, libertà d’informazione, giovani, precari, cultura: insomma, su tutti i temi cari ad Articolo 21, lui risponde: presente. È stato così anche stavolta, pur sapendo che non sarà facile dialogare con una proprietà determinata a portare avanti un piano editoriale a nostro giudizio sbagliato, poiché riteniamo che, oltre all’aspetto economico, nella gestione di un gruppo editoriale, come di qualunque altra azienda, si debba tener conto anche dei diritti dei lavoratori, dei loro progetti di vita e del valore sociale di ciò che si produce.

Purtroppo, sappiamo bene che, in un momento del genere, discorsi come questo rischiano facilmente di essere tacciati di ingenuità e di essere considerati ormai obsoleti, superati e non al passo con questa mirabolante nuova era che, guarda caso, induce il novantanove per cento della popolazione a rimpiangere le precedenti. Lo sappiamo e, tuttavia, non ci stancheremo mai di farli, come non ci stancheremo mai di rivendicare l’importanza dei finanziamenti pubblici all’editoria, della sopravvivenza delle piccole testate e della difesa di qualunque voce libera e indipendente, in un’epoca nella quale sembra che di globale siano rimaste solo le ingiustizie.


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