‘Ndrangheta a Milano, di cosa vi stupite?

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di Ilaria Ramoni*
“E’ assurdo dover continuare a ribadire che la mafia a Milano e in Lombardia esiste, dobbiamo piuttosto soffermarci e riflettere su cosa stiamo concretamente facendo per contrastarla”. Questo era il mio pensiero quasi dieci anni fa, quando ho iniziato  a dire che le mafie non erano soltanto “la Sicilia”, ma era ben altro, molto vicino anche a noi. Abbiamo continuato a dimostrarlo, a dire che la Lombardia è la terza regione per numero di aziende confiscate alla criminalità organizzata e la quinta regione per numero di beni immobili confiscati. Siamo arrivati a dire che, come ci ha insegnato la Direzione nazionale antimafia, la Lombardia è letteralmente colonizzata dalla ‘ndrangheta e che  la vera capitale delle cosche è Milano.

Abbiamo anche ricordato che già negli anni ‘90 decine di indagini, centinaia di arresti e maxiprocessi avevano confermato la presenza sul suo territorio delle mafie, portando alla sbarra più persone in Lombardia che in Sicilia. I dati parlavano chiaro: le mafie erano già allora a pochi passi dal Duomo, anche in quella Milano “da bere”. Ma tutto questo non è bastato in una città che negava quasi l’esistenza stessa delle mafie.Negli ultimi due anni a Milano e in Lombardia non c’è stato giorno in cui non ci siamo svegliati con notizie che avrebbero dovuto indignarci e non stupirci.

A stupirsi, però, non sono stati i cittadini che in questi anni hanno capito, studiato, approfondito. A stupirsi sono state quelle istituzioni che volutamente hanno nascosto la testa sotto la sabbia, che sono ancora convinte che non parlare di un problema sia la soluzione migliore per (non) risolverlo. Come i sindaci che dicevano che la mafia a Milano non esisteva, i prefetti che  dicono che la mafia non c’è o che, sì, forse c’è ma è diversa che nel resto del Paese o quei ministri che, contraddicendo la stessa Dda, dicono che a Milano e in Lombardia non c’è l’omertà.

Nel disinteresse generale, nella sottovalutazione e nella collusione, le mafie si sono radicate ancora di più. Le vittime non denunciano, i pochi che lo fanno, come Loreno Tetti, devono subire ritorsioni. Troppi imprenditori sono convinti che non sia sbagliato fare affari con la mafia. I mafiosi oggi non si intestano più direttamente i patrimoni per timore delle confische e trovano sempre più facilmente soggetti compiacenti che lo fanno al posto loro, spesso addirittura gli stessi avvocati. E il reato di voto di scambio politico-mafioso, come nel caso dell’assessore regionale Zambetti, viene accertato addirittura durante le indagini preliminari!

Ecco perché “scoprire” che è stata la politica a cercare i favori delle mafie, e non il contrario, e che un assessore regionale è stato eletto con i voti comprati dalla ‘ndrangheta, è purtroppo perfettamente in linea con quello che è accaduto in questi anni. Credo che sia giunto il momento che ognuno si prenda le proprie responsabilità senza continuare a delegare alla magistratura quel compito di “pulizia” che, prima ancora che giudiziaria,  è etica. Perché essere responsabili e fare il proprio dovere sono condizioni prime e necessarie per sconfiggere le mafie.

* Referente per l’associazione Libera a Milano, articolo scritto per il Corriere

www.liberainformazione.org


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