Da Formigoni a Fiorito. E una istruttiva pagina del “Giorno della civetta”

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Fino a ieri chi viveva a Roma e in Lazio poteva illudersi di poter guardare a quello che accade a Milano e in Lombardia con un po’ di sufficienza: i fatti e i misfatti di Roberto Formigoni, le firme farlocche alle liste, sottoscritte da cittadini che votano per altri partiti e mai e poi mai avrebbero sostenuto il “Celeste”; e poi le spese relative alle vacanze ai Tropici con il suo amico faccendiere, quel Daccò, che paga tutto…; e, quando si dice la coincidenza, lavora nel campo della Sanità, e dalla regione ottiene lucrosissimi appalti su cui indaga la magistratura perché a quanto pare molto non è in regola. Chi ha pagato le vacanze – svariate migliaia di euro – a Formigoni? Si pagava alla romana, dice lui, ognuno la sua parte le ricevute? Le ha perse. Avrà pagato con bonifico, con assegno; basta andare in banca e chiedere la documentazione, che viene conservata per anni. Lui comunque la distinta non ce l’ha, perché quando si chiede un prestito, tra amici, non si usa. Del resto, “chi trova un amico, trova un tesoro”.

Ora anche chi vive a Roma e nel Lazio non ha da fare tanto lo spiritoso. La slavina costituita dai movimenti di denaro e il ruolo dell’ex capogruppo del PdL alla regione Lazio Fiorito rischia di diventare una valanga di enormi proporzioni. In breve: sei milioni di euro circa pagati dai cittadini come rimborso ai partiti dispersi tra conti esteri, auto di lusso, vacanze in località esclusive, assegni il cui importo non si sa bene che fine abbia fatto. Sullo sfondo lo scontro all’ultimo sangue tra quella parte del PdL che viene da Alleanza Nazionale, e quella che viene da Forza Italia.

Al centro di tutto, l’ex capogruppo del PdL alla regione Fiorito, uno dei maggiori esponenti del gruppo che fa capo al sindaco Alemanno e al coordinatore regionale Piso. Fiorito, era anche cassiere del suo partito. Sul modo di gestire il denaro ovviamente non ci si pronuncia; ma è un fatto chela Bancad’Italia sente puzza di bruciato, avvia un’indagine, segnala alla procura di Roma le molte stranezze di quella gestione. La documentazione bancaria è sul tavolo del magistrato, una quantità di spese davvero imbarazzanti: 735mila euro, divisi in due tranche, dal PdL volano all’estero; sotto la voce “bonifici senza specifica” risulterebbe un altro milione e 426mila euro. Altri 846mila euro come “assegni senza beneficiari”; per “fatture contributi assicurazioni e bolli auto” si sarebbero spesi un milione e 272mila euro; altri 188mila hanno per voce: “ricaricabili”; 11mila euro di bolletta Telecom; 618mila euro versati per “collaborazioni e consulenze”; nel 2010 due bonifici partono dal conto del PdL e sono incassati da un’azienda titolare di alcuni resort in Sardegna; nel mese di agosto. 235mila euro risultano prelevati in contanti.

Al di là dei casi specifici: gli strumenti per combattere i fenomeni corruttivi (oltre l’azione della magistratura), credo sia costituito da una parte dalla trasparenza, dall’altra dalla possibilità di conoscere. Qui soccorre una pagina di un famoso romanzo di Leonardo Sciascia, “Il Giorno della civetta”. E’ la pagina dove il capitano Bellodi riflette amaramente su come incastrare il mafioso Mariano Arena che sente sfuggirgli di mano. Una pagina che riflette evidentemente il pensiero dello stesso Sciascia, e si badi che quel romanzo ha più di cinquant’anni; ma per tanto tempo quella preziosa indicazione è stata ignorata: “…Qui bisognerebbe sorprendere la gente nel covo dell’inadempienza fiscale, come in America… Bisognerebbe, di colpo, piombare sulle banche; mettere mani esperte nella contabilità, generalmente a doppio fondo, delle grandi e delle piccole aziende; revisionare i catasti. E tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche o le tendenze o gli incontri dei membri più inquieti di quella grande famiglia che è il regime, e dietro i vicini di casa della famiglia, e dietro i nemici della famiglia, sarebbe meglio si mettessero ad annusare attorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi e tirarne il giusto senso…”.

Il giusto senso… il tenore di vita di tantissimi inquisiti non è davvero all’insegna della sobrietà; è sufficiente “confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi e tirarne il giusto senso”, per capire che qualcosa, molto, non va. Vale per Lusi, per Formigoni, per Fiorito e per chiunque, parlamentari ed amministratori. A voler dare un nome a questo “giusto senso” si chiama “Anagrafe Pubblica degli eletti”: che significa pubblicità delle decisioni che vengono adottate, in modo che il cittadino possa valutare e soppesare il come e il perché di un voto, di un provvedimento, di una delibera; e poter ascoltare le ragioni pro o contro quel provvedimento, quella delibera. E significa anche mettere a disposizione dichiarazioni dei redditi e proprietà, personali e della famiglia: in modo da poter meglio confrontare, se vi sono, i segni di ricchezza agli stipendi, e poterne “tirare il giusto senso…”. E’ semplice, perfino facile. Per questo non decolla? Per questo oltre la metà dei parlamentari italiani non ha ancora messo in rete la propria dichiarazione dei redditi e il loro stato patrimoniale? Per non parlare delle migliaia di amministratori regionali, provinciali, comunali e di enti collegati…


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