Direttori da riciclare e la politica arraffa tutto

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L’azzardo del tecnico che non lo è. L’esperienza è ormai vasta e consente una riflessione. L’occasione la offre l’ipotesi, non confermata, di una candidatura di Gianni Riotta, ex Tg1 e ex Sole24ore, a governare la Sicilia in conto Pd. In genere queste sparate sono tattica d’assaggio per fregare qualcuno. Come le mie molte candidature giornalistiche ad una direzione Rai. Fai dei nomi per bruciarli. Fosse così mi dispiacerebbe soltanto per Riotta che sembra proprio non riuscire a risollevarsi dal doppio inciampo professionale sopra ricordato. Diffidenza tra gli editori e un bel po’ di malignità vendicativa tra gli ex colleghi che hanno assaggiato le sue direzioni. Gianni ha certamente un’alta opinione di sé. E si comporta di conseguenza. Tendenza disgregante per ogni squadra che non sia quella di chi gli dà sempre ragione. Che sia lui l’uomo per rilanciare la squadra lacerata del Pd siciliano mi lascia perplesso, ma poco so di Pd siciliano e di Sicilia. Ricordo, per ammonimento postumo, l’esperienza di Piero Marrazzo nel Lazio, cui riservo solidarietà umana. Capisco anche la necessità di appeal da parte della politica e sono diffidente nei confronti dei possessori sapienti delle soluzioni “tecniche”. L’attualità Monti-Fornero, tra interviste audaci e dichiarazioni azzardate, qualcosa insegna sulle attitudini di mestiere ad esempio nel comunicare. O le possiedi o non te le inventi. Ma non è più il tempo dei sapienti confezionatori di prudenti veline.

Ognuno faccia il suo mestiere. Ho troppo rispetto per la complessità del fare politica per immaginare che possa essere un percorso per tutti. Grazie alla candidature Berlusconi lo hanno finalmente capito tutti. Minetti e Trota sono soltanto i paradossi ultimi e caricaturali. Fare politica è impegno duro e complesso. Anche fare il giornalista rigoroso e per bene lo è. Con una disparità di considerazione e trattamento. Il giornalista video è utile candidato nel modello berlusconiano dell’apparire. Risultati concreti scarsi ma ben gli sta a chi li ha messi in pista. Il giornalista che fa politica sul serio l’ho ancora da vedere (quella istituzionale e ufficiale intendo). Salvo non si trattasse di un “animale politico” finito per caso a fare il giornalista. Penso al mio amico Beppe Giulietti che è in Parlamento, con onore, da cinque legislature e che in redazione a Venezia diceva cavolate sul calcio dilettanti. L’aspetto del rapporto che mi fa arrabbiare è la presunzione della politica di capire di giornalismo e di giornalisti. Al punto da imporli come direttori nelle testate di proprietà o di controllo lottizzatorio. Facciamo il conto di quante ne avete azzeccate? Propongo qui una moratoria: voi fate i politici e non vi occupate di giornalisti (e di nomine) e noi facciamo i giornalisti occupandoci di politica ma non facendola in prima persona. Mi sembra un patto onorevole. Anche se troppi di voi, nel mestiere pre Parlamento indicato, risultate giornalisti.

Riciclaggio dell’usato. Certo tra di noi giornalisti, vertici direttoriali in abbondanza, c’è un grave problema di riciclaggio dell’usato. Oddio. Anche voi in politica qualche problema di ricollocazione gratificante lo avete. Per voi è il prestigio, per noi qualche volta la pagnotta. Per fortuna ciò non accade in Rai dove direttore una volta, direttore o soldi tutta la vita. Non so quanti direttori rottamati ci siano oggi in Rai, ma so per certo che sono molti di più degli incarichi disponibili e, soprattutto, delle loro attitudini professionali. Considerando che metà (sono buono) di quelli in carica sarebbero da svendere in offerta speciale, non invidio la dottoressa Tarantola e l’ancora esitante Gubitosi. E, da malizioso di mestiere, immagino ora alcuni paradossi per domani. Augusto Minzolini vince la causa penale per stupidità complice di alcuni vertici, e chiede il reintegro al Tg1. Rimasto senza mercato elettorale, Francesco Pionati potrebbe tornare al Tg1 e già annuncia che vuole fare il corrispondente estero. Chiudete tutto, sin che siete in tempo. Oppure David Sassoli che potrebbe esserci restituito dall’euro parlamento: a lui dobbiamo la scoperta del doppio ruolo, line-conduzione, direzione Riotta  prima di essere copiata da Bianca Berlinguer. Oppure un ritorno di Caprarica al Tg1, ma come direttore (Minzolini a Buckingham palace?), con presunti forti sostegni da un alto colle. Direzione olimpica a cinque libri e molti editoriali. Il video è bello per chi si piace.

Ma quello che cosa sa fare?  Sembra un tunnel. Ma come se ne esce dopo l’esperienza Santoro, Gruber e Sassoli? Con Minzolini parlamentare Pdl a fare numero? Mica è scemo quello. E quindi l’esubero endemico di direttori usati da riciclare. Purtroppo il mercato dell’usato risente della stessa crisi del nuovo in Fiat. Caduta verticale della domanda. E allora, come uscirne? Spending review anche per direttori giornalisti (e gradi intermedi) e per parlamentari sarebbe una soluzione. Per questi ultimi, appare improbabile accada in questa legislatura di emergenza, esattamente come l’uscita dal Porcellum. Vedremo. Per il sovraccarico delle gerarchie giornalistiche la soluzione impatta con vincoli sindacali e con sentenze del giudice del lavoro. Tra un po’ saranno più i giornalisti per sentenza che quelli per percorso professionale. Potrebbe essere un’idea fare come per le province: sotto un certo numero di abitanti-e-o-sottoposti, perdi la provincia e perdi il grado.  Oppure porre un tetto alle legislature-direzioni: tre passaggi tra Parlamento e Senato o tra carta stampata, radio e tv, e poi a casa. L’indennità corrisposta copre ampiamente il sacrificio e la spinta al ricambio anche generazionale. Probabilità di successo della proposta? -12 come la temperatura media invernale di Bolzano. E allora rassegniamoci a tenerci parlamentari eterni e direttori multi-uso sino a logoramento naturale. Con interscambio tra di loro a sostenere la disistima reciproca.


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