Napoli. Minacce a Capezzuto. Processo di appello. Il primo grado ha fatto epoca

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Per la prima volta l’Ordine dei giornalisti accettato come parte civile. Furono condannati a 2 anni e 6 mesi i genitori dell’assassino di Annalisa Durante, la ragazza di 14 anni uccisa accidentalmente in una sparatoria a Napoli. Minacciarono di morte Arnaldo Capezzuto per i suoi articoli sulle intimidazioni ai testimoni dell’omicidio

OSSIGENO – Napoli, 13 luglio 2012 – E’ durata appena venti minuti la prima udienza del processo d’Appello che vede imputati Luigi Giuliano e Carmela De Rosa, già condannati in primo grado, il 19 luglio 2009,  a due anni e sei mesi di reclusione  per violenza privata, per le minacce di morte al giornalista Arnaldo Capezzuto. Gli imputati sono i genitori di Salvatore  Giuliano, a sua volta già condannato per l’omicidio di Annalisa Durante, la 14enne  uccisa nel corso di una sparatoria al rione Forcella, il 27 marzo 2004. Nel 2009 il Tribunale riconobbe a Capezzuto un risarcimento danni di 10 mila euro, e all’Ordine dei Giornalisti della Campania di 25 mila euro.

L’udienza si è svolta il 14 giugno scorso. La prossima è prevista il 3 ottobre. Gli imputati non erano  presenti. Il giudice ha accettato la costituzione di parte civile del giornalista minacciato, difeso dall’avvocato Cesare Amodio, e dell’Ordine dei giornalisti della Campania, rappresentato dal presidente dell’Ordine degli avvocati della Campania Francesco Caia e dal’avv. Pino Vitiello.

La morte di Annalisa e gli articoli di Capezzuto.  Luigi Giuliano e sua moglie, da quanto è emerso al processo, non sopportavano gli articoli di Capezzuto pubblicati dopo la morte di Annalisa Durante, in particolare quelli usciti ad aprile 2005, dopo l’apertura del processo per l’omicidio di Annalisa, quando alcuni testimoni della sparatoria cambiarono repentinamente le loro deposizioni. Capezzuto riferì sul suo giornale che i testimoni avevano ricevuto strane visite e probabilmente avevano subito intimidazioni affinché cambiassero versione. Le reazioni a quegli articoli non si fecero attendere: all’interno dell’aula del processo per la morte di Annalisa Durante, Capezzuto fu avvicinato più volte dai familiari di Giuliano.

Poi, a gennaio 2006, l’episodio clou. Mentre il giornalista si trovava fuori dalla redazione per lavoro, un anonimo, con voce contraffatta, telefonò alla segreteria del suo giornale, il quotidiano NapoliPiù e disse: “Sa da’ fa e cazzi suoi Capezzuto ‘o si no ‘o sparammo”. Responsabili delle minacce furono ritenuti  proprio i coniugi Giuliano.

Il processo di primo grado agli autori delle minacce e la loro condanna ha rappresentato un precedente importante:  per la prima volta in Italia un Ordine regionale dei giornalisti si è costituito parte civile al fianco del cronista minacciato, ha partecipato al processo e ha ottenuto un risarcimento danni. La sentenza dimostra concretamente che un cronista può opporsi alle minacce e ottenere giustizia. Dimostra che anche in territori ad alto rischio criminale le forze dell’ordine e la magistratura possono tutelare i cronisti che subiscono minacce e intimidazioni facendo condannare chi ricorre alla violenza nei loro confronti. Dimostra che queste intimidazioni sono reati pienamente perseguibili e non incidenti fisiologici o rischi del mestiere da sopportare senza reagire. Questo aspetto della vicenda, nei giorni scorsi, è stato posto all’attenzione della Commissione Antimafia durante un’audizione dei rappresentanti delle organizzazioni giornalistiche della Campania alla quale ha partecipato Arnaldo Capezzuto.

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