Finché non crederemo sarà sempre “cosa nostra”

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di Nadia Redoglia
Dalle motivazioni depositate i cittadini di buona volontà hanno potuto capire -grazie alle testate che hanno saputo (e preteso) ben spiegarle- il perché la Cassazione ha rinviato alla Corte d’Appello la sentenza contro l’onorevole (?!) Dell’Utri. Tutti gli altri sono stati placcati e pacati dalle patacche propinate da testate (e teste) asservite allo stravolgimento della natura delle cose ad usum squali. La Cassazione, nel tutto, dà pure per scontata una premessa agghiacciante, devastante, mortificante per lo Stato tutto. Nicola Tranfaglia ben la spiega proprio sul nostro sito*.
In occasione di questa sentenza s’è per giunta tentato di dare un gran colpo di spugna (e/o di  piovra) al “concorso esterno in associazione mafiosa” sostenendo che non ci crede più nessuno. I fatti dimostrano l’assoluto contrario.

Concorso: “correre con”. Esterno: “che è, avviene dal di fuori”. Associazione mafiosa: “esistenza omologata a tutti gli effetti di legge dal 416 bis seppur ottenuto dopo il sacrificio supremo dei La Torre e Dalla Chiesa”. Gli etimo e la natura sono inoppugnabili. Vediamo la concretezza della “cosa”.

Mafia: al momento il vertice si consolida nella “cosa” che sta nel bunker come ratto di fogna. Concorso interno: vi appartengono picciotti e sinonimi che agiscono in vari modi delinquenziali a viso scoperto. Sono le “cose” dal più piccolo (per età e/o quoziente intellettivo) al capo pro tempore designato. Concorso esterno: sono tutti i “chi”, più che le “cose”, occupanti posti di potere (già sistematicamente prenotati) istituzionalmente protetti. Da qui, con mani libere e “pulite” progettano e impiantano le strutture esterne indispensabili allo scorrimento fluido dei mafiosi interni progetti. Senza il concorso esterno, la mafia non potrebbe sopravvivere. Quando ci crederemo tutti, allora potremo debellarla.

* http://www.articolo21.org/2012/04/berlusconi-dellutri-e-la-mafia/


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