“David Bowie non era etichettabile. Per questo era pienamente rock”. Intervista a Ernesto Assante

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“Voglio andare a letto tutte le sere dicendo ‘se non dovessi più svegliarmi, posso almeno dire di avere vissuto da vivo'”. Così David Bowie a margine di un’intervista rilasciata quarant’anni fa, nel periodo in cui dava vita al suo alter ego più noto, il “Duca bianco”. E nel suo continuo reinventarsi (cantautore, musicista, attore, produttore, pittore…) si può dire che di vite ne ha vissute molteplici e di indubbia intensità artistica. Articolo21 lo ricorda in un’intervista al giornalista Ernesto Assante, che a poche ore dalla scomparsa, ci consegna un Bowie “icona rock inarrivabile”.

Qual è stato l’aspetto più trasgressivo di David Bowie?
Rispetto alla musica dei nostri giorni la trasgressione di Bowie è l’innovazione. Negli ultimi vent’anni, purtroppo, la musica sfortunatamente si ripete. C’è una continua rincorsa al passato. Bowie, al contrario è stato sempre innovativo. Una musica sempre diversa, nel bene e nel male. Anche sbagliando, ma l’ultimo Bowie non era mai uguale al Bowie precedente.

Quindi non era musicalmente “etichettabile”.
Assolutamente non catalogabile, e per questo era pienamente rock. Perché il rock non è un genere e lui lo ha interpretato nella maniera migliore, non essendo mai uguale a se stesso. Per questa ragione lui è l’artista rock per eccellenza.

Il tuo Bowie preferito?
“Ziggy Stardust” è un album fondamentale, non c’è un solo brano che non valga la pena di essere imparato a memoria. E poi “Heroes” e il passaggio alla musica elettronica. Quasi tutto quello che ha fatto fino agli anni novanta è stato determinante e ha contribuito a modellare il nostro immaginario.

Vale anche per il Bowie attore?
Era un tutt’uno. Impossibile separare la sua carriera musicale da quella cinematografica. Recitava anche da cantante sul palco. Ha trasformato la verità del rock in maschera.

Oggi tv, radio, web e social trasmetteranno di tutto su Bowie. Servirà anche a farlo conoscere e apprezzare a chi non sapeva granché di lui?
Chi non lo conosce ha perso un pezzo fondamentale dell’arte dei nostri tempi. Molti in ogni caso avranno la possibilità di riscoprirlo o di approfondirlo. Ma non ha certo bisogno di consacrazioni post mortem: è stato apprezzatissimo in vita. Direi uno dei cinque più grandi del rock e ha dato un contributo inarrivabile alla cultura contemporanea.

@s_corradino


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