Alma Shalabayeva, rispedita dall’Italia nel suo paese, dove rischia il carcere, la persecuzione, la vita

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È una brutta storia quella di Alma Shalabayeva e di sua figlia. La storia di una donna e una bambina di sei anni estradate a forza dall’Italia, dopo un’irruzione della polizia. È una brutta storia che sa di torbido e su cui il governo dovrà fare chiarezza. Alma Shalabayeva è la moglie di Mukhtar Ablyazov, oppositore del dittatore kazako Nursultan Nazarbayev, fuggito dal suo paese e costretto all’esilio a Londra dal 2009.  Ora la moglie e la figlia più piccola sono state consegnate nelle mani dei suoi persecutori. La vicenda inizia nella notte tra il 28 e il 29 maggio, quando una squadra della Digos fa irruzione in una villetta a Casal Palocco a Roma. Cercano il magnate Ablyazov, ex banchiere, oggetto di un mandato di cattura internazionale emesso dal suo paese, dove il presidente Nazarbayev ha tutti i poteri. Nella villetta l’uomo non c’è. Ci sono invece la moglie, la figlia e un cognato. Parlano solo russo, i poliziotti solo italiano. Entrano a forza, mettono tutto a soqquadro, urlano. La donna teme che siano gli uomini di Nazarbayev venuti a ucciderli. È invece la polizia italiana. Prelevano la donna, l’accusano di detenzione di un passaporto falso, la portano nel CIE di Ponte Galeria. Due giorni dopo da Ciampino l’imbarcano con la figlia su un jet privato, noleggiato dall’ambasciata del Kazakistan. Dopo poche ore arrivano nella tana del lupo. Lì le aspettano le telecamere per immortalare la vittoria del tiranno. Da quel giorno la donna e la bambina sono agli arresti domiciliari.

La procedura di espulsione era scorretta. Lo ha stabilito un Tribunale italiano, dopo le proteste e l’appello del marito. Magra consolazione. Finora il Governo italiano non ha risposto alle accuse. E sono molti i punti da chiarire: chi ha orchestrato l’operazione, perché è successo tutto così in fretta, perché non sono stati i garantiti i diritti di una persona che chiedeva asilo politico. Il premier ha ora chiesto di avviare una verifica interna per ricostruire i fatti ed evidenziare eventuali profili di criticità.

La brutta vicenda di Alma e della figlioletta ha trovato eco sui giornali. Sono partite le interrogazioni parlamentari. Tutto troppo tardi è vero. Ma quante sono le storie silenziose di donne e uomini rispediti dall’Italia nei loro paesi dove rischiano il carcere, la vita, la persecuzione? Quanti gli stranieri che non riescono a vedere riconosciuti le loro richieste di protezione? Quanti in nome della giustizia vengono respinti tra le braccia dei loro persecutori senza che nessuno ne chieda conto?

I respingimenti in Libia sono una vergogna del nostro paese. Violenze, stupri, galera illegale ne sono state le dirette conseguenze per migliaia di persone. E le estradizioni?


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