La celerità della giustizia manca nell’agenda Monti

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Signor Presidente, Le segnalo un’evidente lacuna della Sua agenda. Come avvocato del Lavoro mi sono battuto contro la recente riforma dell’art.18 St. Lav., anche per le poco felici modalità tecniche con le quali è stata attuata. Sono sicuro che, dopo un periodo di adeguata sperimentazione, essa sarà modificata.

In attesa che ciò si verifichi, non posso fare a meno di rilevare che nella Sua agenda, in materia di giustizia, non v’è cenno all’obiettivo primario da perseguire in questo settore: la celerità dei processi civili e penali, voluta dalla nostra Costituzione e dai Trattati europei. Quando una causa sarà decisa nel giro di pochi mesi, sia in primo grado che in appello (cosa che già avviene a Torino e in pochi altri centri, mentre altrove i ritardi sono scandalosi), il nostro Paese avrà compiuto un passo decisivo verso la realizzazione effettiva dello Stato di diritto, che deve essere un obiettivo comune a tutte le forze politiche e sociali. Lo Stato che fa giustizia rapidamente, oltre a realizzare effettivamente il principio di eguaglianza, assicura la certezza dei rapporti giuridici, base sia degli investimenti che della programmazione di elementari esigenze di vita.

L’efficienza della giustizia statale, oltre ad assicurare un’adeguata repressione della criminalità organizzata, le toglie la possibilità di controllare il territorio sostituendosi allo Stato nella regolazione delle controversie.

I rimedi sono possibili, con la semplificazione delle procedure (che invece le recenti riforme hanno complicato), l’adeguamento degli organici, anche attingendo al personale di altre amministrazioni, e soprattutto con la riforma del costume giudiziario, da attuare in collaborazione con la classe forense. In particolare, nel settore civile va rafforzato l’obbligo di lealtà, che deve risparmiare al Giudice lunghi e faticosi accertamenti dei fatti. L’intervento del magistrato civile deve essere limitato il più possibile alla soluzione delle questioni di diritto, senza che ingenti risorse vadano sprecate nel tentativo di smontare artificiosi castelli difensivi basati su una scorretta ricostruzione dei fatti. Il Giudice civile deve essere posto in grado di conoscere la realtà in base alle dichiarazioni delle parti e all’esercizio di poteri ispettivi mediante strumenti, come il sequestro dei documenti, che valgano a scoraggiare manovre dilatorie. La slealtà delle parti nella rappresentazione dei fatti dovrà essere adeguatamente sanzionata. L’esecuzione della sentenza dovrà essere garantita anche con un più efficace presidio delle norme penali che concernono l’inottemperanza all’ordine del Giudice.

La celerità dei processi è anche un efficace rimedio all’inflazione della categoria forense. Lungaggini e cavilli procedurali possono costituire occasioni di lavoro per operatori legali disoccupati. L’adeguamento della classe forense alle effettive esigenze della società si ottiene in primo luogo mediante la “selezione naturale”, che porta alla rapida esclusione dal mercato di chi non è in grado di affrontare le esigenze di una giustizia rapida. E’ inutile ricordare che, per la lentezza della giustizia, l’Italia è inadempiente agli obblighi imposti dai Trattati europei. Ragion di più per collocare in posizione prioritaria non genericamente il problema della Giustizia, ma specificamente quello della sua celerità.

Giustizia lenta, diceva il Presidente Enrico de Nicola, non è giustizia.


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