Dei sacri e Istituzioni profane

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di Nadia Redoglia

I cittadini di buona volontà tra “Stato” e “mafia” aggiungono automaticamente l’avverbio “contro”. E’ dato di fatto essenziale, è il “contro” nel suo de rerum natura, è premessa indispensabile ai (loro) pensieri, parole, opere e missioni e non sono disposti a rinunciare, piuttosto pagano con la vita…

Si può ben immaginare l’annichilimento di questi nel constatare che tra Stato e mafia ci fu invece “trattativa”, diventata ormai assioma istituzionale. L’individuazione e la condanna dei “chi, cosa, quando, dove, perché” appartiene (noi ci spereremmo) alla Giustizia, ma per gli italiani detentori del “contro”, quell’individuazione passa in subordine: è il “male minore” ché trattasi solo di giudicare (altri) uomini. Assai più feroce e agghiacciante è il doverci chiedere oggi che si debba dunque intendere con i “chi, cosa, quando, dove, perché” riferiti alle “Istituzioni”. La loro sacralità ci viene ricordata (sbattuta in faccia?) soprattutto quando il nostro Paese si ammala e/o si trova in pericolo.
Se è pur vero che il de rerum natura di “Istituzione” nulla ha a che vedere con la natura dei suoi rappresentanti (ma pure garanti!), altrettanto vero è che insistendo per decenni a immettere nel sacro istituzionale, d(D)ei profani millantatori, dissacratori e dissacranti, che potrà mai servirci un mero de rerum natura di una cosa che non esiste più?


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