Birmania, oggi è un giorno di speranza

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Nonostante i brogli, le minacce, le intimidazioni diffuse, la compravendita dei voti orchestrata spesso dagli stessi componenti della Commissione elettorale, dalle autorità locali e dal partito di governo, Aung San Suu Kyi ed il suo partito hanno stravinto le elezioni suppletive! Nonostante questo sia un voto che non cambierà la faccia di un parlamento dominato per il 25 % da militari nominati e per il resto dall’USDP, il partito di governo che nell’era della giunta militare era una associazione paramilitare, quella di oggi è una giornata straordinaria. 
Un giorno straordinario per tutti i birmani e le birmane che per anni hanno vissuto sotto il peso di una dittatura militare e che ancora oggi, nonostante le  prime aperture in atto nel paese, vivono in una condizione di assenza totale dello stato di diritto.
Oggi è sicuramente un giorno di speranza, per tutti coloro che hanno sacrificato la propria libertà, i propri affetti e anche la propria vita  per lottare contro la dittatura militare. Per anni migliaia di giovani, di studenti, lavoratori, lavoratrici, intellettuali e politici hanno lavorato  e continuano a lavorare faticosamente per il cambiamento.

Sono solo 45 i seggi in ballo, ma questo voto vale come oro per coloro che sono stati vittima di pesantissime violazioni dei diritti umani, per tutti i prigionieri politici, per tutti i dissidenti che ancora oggi non possono rientrare nel paese, per gli uomini e le donne negli Stati etnici, ancora oggi vittime  del lavoro forzato e di mille altri  soprusi dell’esercito birmano. Quella di oggi è una straordinaria iniezione di energia per continuare a lottare per il cambiamento democratico.

Certo però che  la situazione nel paese non è certo rosea. Infatti come denunciato dalla leader birmana la campagna elettorale e le elezioni non sono state ne libere ne eque. A partire dalla Commissione Elettorale, per nulla indipendente ed imparziale.  Il partito di Aung San Suu Kyi ha subito numerose restrizioni nelle iniziative elettorali. Secondo la legge elettorale i partiti non possono fare comizi o pubblicare materiale che metta in discussione l’immagine dello Stato o delle forze armate, né possono criticare la costituzione e minacciare “la sicurezza e la pace”. E i partiti dovevano evitare “ogni disturbo” vicino agli uffici pubblici, fabbriche, mercati, scuole, zone sportive etc”.  infinite irregolarità, minacce, compravendita di voti  sono stati registrati in tutti i collegi elettorali . Centinaia di nomi di persone defunte  sono stati trovati nelle liste degli elettori, mentre migliaia di persone non hanno potuto votare perché i loro nomi non erano presenti. In molte circoscrizioni molte persone sono state costrette a votare anticipatamente e in modo palese di fronte alle autorità, membri del partito di governo l’USDP hanno minacciato gli elettori, gli amministratori locali. A Lashio, nello stato Shan del Nord la milizia locale ha minacciato i contadini di  deportazioni forzate se non avessero votato per il candidato dell’USDP. Persino nella capitale Naypyidaw le autorità locali hanno minacciato i residenti che sarebbero stati cancellati dalle liste di assegnazione dell’elettricità se avessero partecipato ai comizi della leader birmana. Da ultimo  la beffa dell’invito di osservatori internazionali per monitorare le elezioni.  Un invito arrivato troppo tardi e solo a pochi giorni dal voto.
 
Oggi è un giorno di grande festa, ma da domani le sfide che la Lady si troverà ad affrontare saranno numerosissime.
Nel suo programma elettorale presentato alla televisione di stato pochi giorni fa, e censurato  dalle autorità, Aung San Suu Kyi con grande chiarezza  presentato una agenda di grande completezza che sarà la base del suo lavoro e del negoziato con il parlamento, il governo birmano e l’esercito. “ I tre punti prioritari per la Lega Nazionale per la Democrazia sono lo stato di diritto, la pace interna e i cambiamenti costituzionali. La paura pubblica ha regnato nel paese…la democrazia non fiorirà a meno che il popolo non godrà della libertà dalla paura e  dei diritti umani.”

L’agenda dell’NLD è sicuramente una agenda rischiosa. Realizzare lo stato di diritto, la approvazione di leggi che tutelino il popolo, un sistema giudiziario indipendente, in un paese tra i più corrotti al mondo dove non vi è indipendenza del sistema giudiziario dal sistema politico e dall’esecutivo non sarà cosa facile, come pure l’avvio di un negoziato per  la  pace con le nazionalità etniche  ed il dialogo politico per la costruzione di una Unione “ basata sull’eguaglianza” e sui diritti. Sarà soprattutto fondamentale spingere perché insieme alle forze armate si modifichi la costituzione, oggi per nulla conforme con  le regole e gli standard democratici.  E poi li programma della leader birmana pone al centro le questioni economiche: “ un cambiamento verso l’economia di mercato con un equilibrio equo  tra libertà, stabilità,  e giustizia sociale, sulla base dello stato di diritto.”
E poi altro punto prioritario l’occupazione,  la dignità sociale in tutte le regioni del paese, l’eliminazione del lavoro forzato, la garanzia che tutti i lavoratori siano trattati equamente che possno formare sindacati indipendenti, che venga data protezione legale ai diritti del lavoro per tutti, compreso i contadini e i lavoratori agricoli. Insomma una agenda vasta ed impegnativa.
Bisognerà vedere le reazioni del governo e dei militari. Si sa che il Presidente è aperto al cambiamento ma che nel governo vi è una ala oltranzista appoggiata dall’esercito che teme di perdere tutti i benefici accumulati nel corso della dittatura militare.

Queste elezioni sono significative perché ridanno energia al popolo birmano, ma sicuramente bisognerà impegnarsi ancora perché il cambiamento sia stabile e diffuso. Oggi infatti ci sono ancora centinaia di prigionieri politici e quelli che sono stati liberati, vivono una libertà “condizionata” in quanto potrebbero essere riarrestati senza preavviso per scontare la pena rimanente. Il lavoro forzato è ancora rampante come pure il reclutamento forzato di minori, tanto che l’ILO ha dovuto sottoscrivere un accordo per il suo sradicamento nell’arco dei prossimi tre anni. Le leggi liberticide sono ancora tutte in vigore, l’esercito continua a combattere negli stati etnici, nonostante i preaccordi di cessate il fuoco. Ancora oggi la Birmania è tra i paesi più corrotti, un paese  secondo solo all’Afghanistan per l’esportazione  di droga, che ha arricchito militari e tycoons birmani, un con un esercito armato con armi nucleari e che sta costruendo un reattore nucleare con l’aiuto della Corea del Nord un paese che sta costruendo decine di zone industriali che occuperanno centinaia di migliaia di lavoratori senza tutele e senza diritti, visto che ancora oggi la nuova legge sulla libertà sindacale rimane sulla carta ed è inficiata dalle possibili interferenze governative.

Per tutto questo il sindacato birmano e il movimento sindacale internazionale, come le organizzazioni democratiche birmane chiedono ai governi europei di non allentare le sanzioni economiche. Non è ancora il momento perché i cambiamenti nel paese non sono ne stabili ne diffusi.

Oggi, come molti dicono “ i barbari sono alle porte”. I governi europei spinti dalle imprese vogliono  finalmente utilizzare il voto birmano per  eliminare le sanzioni . Così  anche le imprese europee  potranno mettere le mani su una fetta delle straordinarie risorse naturali e umane del paese.

Ma se è vero che nonostante la vittoria della Lady queste elezioni non sono state ne libere ne eque, sarà difficile trovare una buona motivazione per far passare a fine aprile questa decisione. Ci vorrà molta ipocrisia politica. Oggi invece serve investire nella democrazia, sostenere le organizzazioni democratiche birmane, aiutare i sindacati che si stanno registrando a crescere nelle imprese, negoziare con il governo birmano perché la nuova legge che faciliterà gli investimenti stranieri, si basi sulle norme internazionali a tutela dei diritti del lavoro e dell’ambiente, perché vengano introdotti i principi ONU su Business e diritti umani e i principi presenti nelle Linee Guida OCSE sulle multinazionali che fissano norme in materia di occupazione, relazioni industriali, diritti umani, catene del decentramento, due diligence, ambiente. Insomma per evitare che i “ barbari entrino nel paese, senza che ci siano le necessarie garanzie che evitino la razzia dei beni comuni birmani, la politica dovrà usare coraggio. Quel coraggio che ha usato per anni la Lady birmana. Se veramente le dichiarazioni di sostegno che in questi giorni affluiranno sui media da parte della politica, sono vere ecco questi sono i temi che dovranno essere affrontati, per evitare che il futuro democratico del popolo birmano venga ipotecato ancora una volta.


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