Viene PRIMA l’amore o il disprezzo? Rambert e gli attori in battaglia

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Davanti al pubblico si apre il retro di un teatro, le pareti disadorne dei camerini e le porte tagliafuoco delle uscite di sicurezza. Calcestruzzo a vista, che rifugge ogni estetica e respinge ogni gentilezza dei sentimenti.

Anna, una donna non più giovane ma non per questo non più capace di passioni, si lamenta del suo corpo in decadimento, di come lo guardano gli altri, e patisce l’anatema di non essere più desiderabile, come se capire che la giovinezza ha fine significhi entrare (e finalmente, verrebbe da dire; che ne sarebbe altrimenti del principio di realtà?) nel campo del limitato, del detestabile. Anna è attrice consumata, anziana, sola perché, se nessuno la ama, lei si detesta. Fa parte di una compagnia teatrale di cui faremo conoscenza: gli interpreti principali sono tre donne e due uomini, tra cui Marco, ambiguo oggetto d’amore e desiderio di tutti gli altri componenti. E tutti sono alle prese con la messa in scena di un testo ispirato ai dipinti della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, che ritrae la decisiva e insperata vittoria di Firenze contro Siena. Ma qui, nella fase che precede lo spettacolo, non assistiamo che a dei dialoghi, pieni di passione e incomprensione, tra chi ama e chi rifiuta, tra respinti e adoranti. E proprio in un palcoscenico così nudo e asettico, le parole accese e le emozioni forti di attori e attrici acquisiscono un peso specifico eccessivo, quasi insopportabile, mentre raccontano anche i meccanismi di apprendimento del testo, che deve impastarsi con l’essenza dell’interprete. Le dichiarazioni d’amore incrociate, col carico di sofferenza che comportano per chi le fa (non corrisposto) o per chi le riceve sentendosene investito, convergono nell’amore per il mestiere di attore e per il corpo a corpo che ogni attore fa con il testo e con il proprio corpo (non sempre “conforme”) e con il modo di stare sul palco da parte dei colleghi, compagni di battaglia. Anna non è l’unica non più giovane a disprezzare il suo corpo, anche l’autore della compagnia, Sandro, non si riconosce più e vede nelle proprie mani quelle del padre, non vede più futuro per sé.

Questa brevità di prospettiva in avanti si riverbera sul cuore dello spettacolo, che coincide appunto con i momenti in cui la compagnia prova la pièce teatrale ispirata al quadro del pittore rinascimentale Paolo Uccello, riprodotto su scena, con tutti i personaggi in piedi, gli sguardi fissi in avanti: anche qui, sul campo di battaglia, di futuro se ne può immaginare poco e gli interpreti, meravigliosamente vestiti di abiti medievali, declamano gli orrori della guerra, che prestissimo si allontanano dalla battaglia di San Romano, combattuta nel Quattrocento con lance e cavalli, e descrivono indicibili violenze che riecheggiano gli orrori letti nell’ultimo anno sui giornali. L’autore Rambert assesta un bel pugno alla bocca dello stomaco degli astanti prima con il non-amore, poi con il non-umano della guerra per poi proseguire con la morte di una madre non-confortata dall’affetto dei suoi cari. Tanti temi, tanta violenza contro se stessi, come individui e come genere umano, eppure poca morale, se non quella di dire che quel che ci muove è troppo spesso la pura e semplice paura.

Eppure, nonostante tutto, “Grazie, vita!” conclude l’autore. Un paggetto esce per ultimo dal palcoscenico e spegne la luce nel retro del teatro, facendo cadere il buio sul talento degli attori (ma soprattutto, mi sia concesso, delle attrici), sulla bellezza dello spunto iconografico dell’opera e su tutto quanto succede PRIMA della messa in scena: è un “prima” sospeso che è concesso in teatro ma non nella vita reale, al netto di tutte le decisioni sbagliate che potremmo aver preso.

Prima

testo e regia: Pascal Rambert
traduzione: Chiara Elefante

Scene: Pascal Rambert e Anaïs Romand

Costumi: Anaïs Romand

Luci: Yves Godin

Musiche: Alexandre Meyer

assistente alla regia: Virginia Landi

con (in ordine alfabetico) Anna Bonaiuto, Anna Della Rosa, Marco Foschi, Leda Kreider, Sandro Lombardi

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

in coproduzione con structure production e Compagnia Lombardi-Tiezzi


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