Mario Congiusta non ci lascia solo una grande eredità, Mario ci lascia uno stile

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Mario Congiusta, padre di Gianluca. Scolpite sui manifesti funebri, queste parole rappresentano l’essenza di una vita spesa per non dimenticare e per pretendere giustizia e verità. Pretendere, perché quando un figlio viene portato via dalla violenza ‘ndranghetista non esiste la possibilità di rinunciare a capire. Mario Congiusta ha sfidato e decostruito quell’immaginario antimafioso che vuole vedere i familiari delle vittime innocenti incastonati in figure lontane da parole come lotta, come politica, come protesta. Come molti cittadine e cittadini che in Calabria non hanno smesso di costruire speranza radicando l’impegno nella memoria dei loro cari. Mario, uomo elegante, sempre attento ai colori e al coordinamento perfetto del papillon con fazzoletto, bretelle o cappello, ha rappresentato e rappresenta, la possibilità di una immagine pubblica della dignità della memoria che rompe con schemi imposti da chi, non vuole o non sa costruire una Calabria libera. Sono di giugno i suoi ultimi post sulla sua bacheca facebook, spazio di rete che ha sempre saputo utilizzare come filtro e come strumento comunicativo: con fermezza, come era solito fare, lascia messaggi forti di richiesta di giustizia e verità, terrena. Mario Congiusta è quello che forse più di tutti è riuscito a tradurre in una dimensione intrinsecamente politica la storia di Gianluca prima, e la vicenda processuale dopo. Con azioni di approfondimento, studio, denuncia e proposta, politica, atti forti e prese di posizione, ha mantenuto sempre alta la tensione tra personale e politico, tra vita e istituzioni, tra dolore e giustizia. Tensione e tensioni che da linfa vitale si sono trasformate col tempo, con la delusione, con la stanchezza. Tensioni, che hanno fatto di Mario un personaggio scomodo, perché soprattutto ha costretto molti a stare scomodi su quelle posizioni, poltrone, luoghi che sembravano comodi giacigli dai quali impartire lezioni e consigli. Perché come Mario, i familiari delle vittime innocenti non fanno testimonianza andando in giro a raccontare le loro storie: sono testimonianza viva e vite di cittadine e cittadini che hanno tradotto il dolore in impegno, dando dignità politica ai vissuti di chi è stato ucciso per mano mafiosa, ai vissuti propri di padri, madri, figlie, sorelle, fratelli.

“Mario ci lascia una grande eredità”, questa è la frase che più abbiamo letto e sentito in questi giorni. Mario non ci lascia solo una grande eredità, Mario ci lascia uno stile, ci lascia quelle tensioni- tra personale e politico, tra vita e istituzioni, tra dolore e giustizia- che ci impongono, mai come ora in una Calabria devastata dalla violenza e dall’incuria, una profonda e forse dolorosa riflessione sull’impegno antindrangheta.

Non c’erano bandiere a salutare Mario, non c’erano tricolori, non c’erano fasce. Non c’era la folla che forse avrebbe dovuto salutare chi per questa terra e non solo, ha costruito una parte del movimento antindrangheta, ma soprattutto ha costruito spazi e tempi di democrazia e libertà. Anche questo, deve far riflettere. Ma c’erano accanto a Mario, amici e amiche, che in questa terra non hanno mai spesso di costruire e di esserci, da giornalisti, imprenditori, familiari di vittime innocenti, cittadine e cittadini.

Inevitabilmente, è impossibile districarsi e separare la dimensione pubblica che Mario ha attraversato con quella privata, intima, delle relazioni, degli affetti, dell’amicizia. Di quella comunità di memoria, come ormai siamo soliti chiamare, che negli anni è diventata comunità di persone legate da sentimenti forti, familiari. Tanti i ricordi e i momenti condivisi e che è giusto restino come immagini nelle nostre memorie personali, gesti di amicizia che ognuno di noi conserva nella riservatezza della bellezza dei legami. Ma anche in questo non possiamo che vedere un altro grande insegnamento, una altra grande eredità che Mario ha lasciato: ripartire dalle relazioni, ripartire nel ricordo di una amicizia che lega e da abbracci che “stringono forte”, ripartire per costruire in Calabria percorsi politici rivoluzionari perché guidati dalla speranza e dal progetto di una terra libera.


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