Dopo i giorni della svolta a Gaza, col giusto sollievo per la liberazione degli ultimi ostaggi e per la auspicabile cessazione dei massacri, è opportuno soffermarsi a freddo sui discorsi di Donald Trump. Impongono serie riflessioni perché riguardano orizzonti possibili del nostro prossimo futuro. Si comincia infatti a delineare il modello adottabile per governare il Medio Oriente e probabilmente siamo di fronte a una prima risposta concreta alla tanto declamata «crisi dell’Occidente», su cui abbiamo riflettuto nei mesi scorsi (rimandiamo, per comodità e a titolo esemplificativo, a un nostro precedente articolo: https://www.articolo21.org/2025/08/se-il-capitalismo-perde-il-suo-spirito/).
Dalla miriade di pubblicazioni e interventi sull’argomento ci soffermiamo in questa sede su un illuminante intervento di Monica Maggioni, apparso sulla «Stampa» del 12 ottobre scorso, dunque prima delle dichiarazioni del Presidente americano. Il titolo già è indicativo dei contenuti: Gaza una multinazionale più che una democrazia: sarà laboratorio del nuovo potere e sottolinea che, oltre la cortina di un «già visto», storicamente acclarato, si ribadisce l’importanza della “forza” (economica) come espressione del potere e sola, efficace, malleveria per il conseguimento della pace. Questa “filosofia”, a prima vista, odora, semplicemente, di antico colonialismo: gli stati vengono bollati come “canaglie” o “amici” non per i regimi che li reggono, ma per la momentanea collocazione, “giusta” o “sbagliata”, nello scacchiere internazionale. Perfino sanguinarie sette terroristiche possono camaleonticamente essere repentinamente riciclate e trasformate da irriducibili eversori, a potenziali alleati, se le high-level strategies lo richiedono. Siamo invero nel tempo in cui le grandi concentrazioni di ricchezze e le nuove tecnologie condizionano i processi produttivi, le dinamiche sociali, gli assetti istituzionali. L’etica viene completamente disgiunta dalla prassi politica e quest’ultima deve forzatamente astenersi dal seguire una qualsiasi prospettiva storica di lungo corso: nessuna “visione”, ma limitarsi al pro necessitate del nouveau départ. Se non che, negli ultimi tempi, si avvertiva pesantemente la mancanza di una alternativa da opporre, o da affiancare, al multilateralismo e atta soprattutto a fronteggiare l’avanzare minaccioso del blocco russo-cinese.
Ora questo vuoto appare colmato.
Ne avevamo avuto una anticipazione col post di Trump su “Gaza Riviera”, troppo frettolosamente ridicolizzato e biasimato come grossolana e immorale volgarità. Quel messaggio, lanciato all’apparenza “fuori tempo”, con massacri ancora in corso, con ostaggi ancora prigionieri, in realtà era un annuncio, calato per scandire l’avvento di una nuova epoca, secondo i crismi e i miti delle grandi tradizioni profetiche, messianiche o coraniche, tanto per stare in tema.
Immensi capitali finanziari convergeranno così, a testata multipla, per il corretto funzionamento del Gaza International Transitional Autority. Un Board plurinazionale tecnocratico garantirà una gestione manageriale, libera da ogni vincolo burocratico che possa porre intralci al lavoro della segreteria strategica e soprattutto di quella esecutiva. Il Board, o “comitato”, potrebbe dunque incorporare simultaneamente il potere legislativo ed esecutivo. Riguardo al terzo potere, quello giudiziario, con buona pace del buon Montesquieu, non serve neppure più alcuna menzione. Il quarto e quinto potere verranno, presumibilmente, gestiti dalle intelligenze artificiali. Si delinea in tal modo la iper-delega per una nuova, algida, “democrazia funzionalistica” che, sola, potrà fronteggiare il turbocapitalismo autocratico d’Oriente. Oltre al fastidioso radicalismo, al socialismo democratico sono così cancellati in un sol colpo sia il liberalismo (almeno nella sua versione istituzionale), sia il conservatorismo tradizionale. Il tutto in nome di una gestione che potremmo definire “aziendalistica”, improntata su puri criteri di alta produttività, crescita, efficienza ed efficacia supportati da aridi algoritmi che hanno come solo scopo il rientro economico nel minor tempo possibile degli enormi investimenti che i volonterosi capitalisti della coalizione effettueranno, per ora limitatamente a quel territorio delimitato. Un “laboratorio”, secondo Monica Maggioni, che potrebbe fungere da apripista per un nuovo modo di concepire la democrazia nel millennio delle machine learning.
D’altronde i dati demografici, le dinamiche migratorie, i diktat imposti dal cambiamento (climatico) globale e dalla finanza internazionale per finire, terra terra, coi risultati deludenti degli afflussi alle urne, non consentono più “perdite di tempo”. Il neoumanesimo e la socialità devono per forza essere relegati nell’intimo di ciascuno, ammesso che ne resti traccia cosciente.
Il mondo delle multinazionali, peraltro, ci aveva preparati da lustri attraverso accurati e vincenti sistemi di pianificazione e controllo gestionale. Le neolingue, da anni, ci raccontano che l’umanità, nella sua interezza, è composta da «consumatori», che vanno sollecitati e condizionati perennemente; mentre i dipendenti, i lavoratori, sono risorse: non più “schiavi o “sottoposti”, di fantozziana memoria, ma «risorse», esattamente come i capitali, le macchine, gli animali, le materie prime e i materiali vari, da preservare, oliare, tenere in buona funzionalità, finché conviene.
La sofferenza, la solidarietà umana, la pietas, l’empatia e perfino la morte possiamo relegarle al campo religioso, appositamente da ri-costruire, o alle fiction. E togliercele tranquillamente di torno come ovvietà ineluttabili che non possono rappresentare inutili fardelli per le procedure che portano al profitto, da destinarsi al trionfo di pochi imperatori e dei loro più fedeli vassalli.
