Lentezza, profondità, politiche dal basso, movimentismo e pacifismo, attenzione all’ambiente e rispetto per il prossimo: in una parola, Alexander Langer.
Trent’anni senza di lui e il peso della sua assenza ahinoi si sente. Si sente perché è come se avessimo perso un amico, un fratello ma soprattutto, parlandone dal punto di vista politico, un simbolo e un precursore di tanti movimenti che sono nati dopo. Basti pensare che trent’anni fa Greta Thunberg ancora non era nata, eppure molti dei temi che ha rilanciato erano i capisaldi del pensiero di questo mite ambientalista altoatesino che ha dedicato la vita a denunciare le storture di un sistema già allora insostenibile. Denunce intense, nobili, fortissime, talmente lungimiranti da non essere state né capite né seguite, salvo poi dover fare i conti con le conseguenze del declino apparentemente inesorabile cui stiamo andando incontro. Eppure aveva ragione, praticamente su tutto, a cominciare dal suo vivo desiderio di cambiare schema, modo di stare al mondo e prospettiva, scongiurando il massacro della democrazia e della politica cui assistiamo ormai attoniti, come se tutto fosse perduto, come se non fosse possibile fare più nulla, come se il degrado fosse davvero ineluttabile.
Langer era un innovatore ma, più che mai, un uomo che credeva sinceramente in ciò che diceva e faceva. Anche per questo la sua morte, per giunta in quelle circostanze, ci è sempre parsa intollerabile. Non giudichiamo, tuttavia, non siamo nessuno per farlo. Ci limitiamo a riflettere su ciò che è venuto meno con l’esaurirsi della sua missione su questa Terra, e se utilizzo il termine missione è perché ha realmente interpretato il suo viaggio come un impegno incessante al servizio del prossimo. Ha viaggiato con leggerezza, ma accarezzando l’orizzonte, è stato nelle istituzioni in maniera esemplare, non si è mai arreso né lasciato a andare a un comportamento scorretto, non ha mai ceduto ad alcuna forma di populismo o di esibizionismo e non ha mai mancato di denunciare un solo scempio dei tanti, troppi che l’umanità è, purtroppo, sempre stata in grado di compiere. Anche per questo avvertiamo la sua mancanza. Langer, infatti, era un rivoluzionario, una personalità controcorrente, un sognatore concreto, un idealista che si sforzava ogni giorno di trovare soluzioni ai problemi e non problemi alle soluzioni e, aspetto più importante di tutti, un esponente di quella famiglia verde che in Italia non ha mai goduto di eccessiva fortuna, benché ormai sia sotto gli occhi di chiunque che la casa comune sia in fiamme e che di tempo da perdere non ce ne sia più.
Quando penso a Greta, ai Fridays for Fufure e ai tanti ragazzi e ragazze che manifestano nelle città del mondo per gridare il loro no a un modello sociale, economico e di sviluppo assolutamente deleterio, mi domando se conoscano la storia di questo pioniere del pensiero ecologista che sosteneva, quando loro non erano neanche nati, ciò per cui oggi si battono. E mi rendo conto di quanto avesse ragione quando affermava che bisognasse continuare ciò che è giusto, perché prima o poi altri si sarebbero aggregati. Se queste nuove generazioni, non ancora inquinate dal nostro cinismo, salveranno il pianeta dalla distruzione che i padroni del vapore e i signori della guerra, antidemocratici per indole e per convinzione, gli stanno infliggendo, il merito, dunque, sarà stato anche suo, della sua narrazione anti-retorica e del suo esempio, con cui è entrato nella storia in punta di piedi.
Al link sottoindicato, l’intervista a Grazia Francescato, storica dirigente dei Verdi