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La fame del Cigno, viaggio ai confini del giornalismo con un carico di umanità

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Leggere “La fame del Cigno” di Luca Mercadante costringe ad ammettere errori. Un giallo senza respiro e senza sconti per  nessuno, ambientato in un pezzo d’Italia che non vorremmo conoscere e invece è sotto gli occhi di molti di noi, a circa 100 chilometri dalla capitale. E’ il pianeta nero, in tutti i sensi, di Castel Volturno, luogo di spaccio di ogni tipo di droghe, confino di centinaia di giovani prostitute sottomesse alla mafia nigeriana, feudo di camorra, specchio dell’abusivismo edilizio, cuore della produzione della mozzarella dop. Si trova tutto nel nuovo libro di Mercadante, una storia che parte dalla più classica delle situazioni, il ritrovamento del cadavere di una giovane donna nella palude filamentosa dei Regi Lagni, ma poi si snoda in un modo che non ti aspetti, soprattutto grazie al protagonista, Domenico Cigno, un giornalista che riflette tutti i mali, i difetti, i vizi della categoria e, al tempo stesso, riassume quell’inquietudine che sta dentro ogni cronista di nera. L’autore i cronisti li conosce bene, sia quelli che rincorrono gli omicidi che coloro che seguono lo sport, anzi lo sport del calcio, altra malattia nazionale. Domenico appare una pessima persona: malato, bulimico, solo; ma poi vien fuori la sua vera indole di essere fragile in un pezzo di mondo cannibale. Incontra, nella sua personale indagine per risalire agli autori dell’omicidio, personaggi che in qualche modo gli somigliano oppure sono il suo specchio: un giovane aspirante giornalista, una mamma in cerca di giustizia, un boss-santone della rete nigeriana degli sfruttatori, investigatori piccoli piccoli, redattori capo ancora più piccoli. Sempre sullo sfondo del libro c’è un giudizio affilato sulla professione giornalistica. Nessuno gliene voglia a Luca Mercadante, perché quasi sempre nella sua analisi ha ragione. Se sei un giornalista e leggi “La fame del Cigno” (Sellerio Editore 2025) ti prende l’urgenza di correre a Castel Volturno e cominciare a scrivere, di nuovo, oltre tutto, dopo tantissimi reportage già fatti da tanti colleghi. Non importa, questo sarà quello giusto, nuovo, che sveglia le coscienze.


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