80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

In odor di fascismo

0 0

Che fine ha fatto Giorgia Meloni, la presidente del coniglio, come l’ha definita la segretaria del Pd Elly Schlein, sparita dal luogo istituzionale del confronto democratico: il Parlamento. Non interviene per spiegare la libertà, contro la decisione dell’Aia, data all’aguzzino libico il generale Almasri, mandando allo sbaraglio a rispondere alle opposizioni – per una volta compatte – due ministri, Piantedosi e Nordio che hanno fatto una figura meschina, contraddicendosi l’uno con l’altro; decide di stare con i sovranisti, l’ungherese Orban e il ceco Babis, a favore di Trump, schierandosi, per la prima volta, contro la presidente della Commissione Europea von der Leyen e contro l’Europa, contro i 79 Paesi e la relazione dell’ONU, che invece condannano le iniziative del presidente americano che ha firmato l’ordine esecutivo contro la Corte dell’Aia per sanzionarla: “Colpevole di aver preso di mira Stati Uniti, Israele e i suoi alleati”.                                        Nascita di una Brexit italiana? No, appena l’Unione minaccerà l’Italia sul PNRR tutto finirà in un una bolla di sapone, e lei addosserà la responsabilità ai giornalisti che l’hanno mal interpretata.

Odore di fascismo circonda la presidente Meloni e il suo partito Fratelli d’Italia, fin da ragazzina quando quindicenne aderisce al Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante che lo fondò sulle ceneri del Partito fascista di Mussolini.  Ben presente invece quando si tratta di colpire l’articolo 21 della Costituzione: la libertà di espressione, il diritto dei cittadini di essere informati, ancora una volta contro Paolo Berizzi, l’inviato del quotidiano la Repubblica, amico della nostra Associazione, costretto a vivere sotto scorta dal 2019 per le minacce di morte a seguito delle sue inchieste sul nazifascismo e, a proposito della presidente del Consiglio, un suo titolo che la calza perfettamente: “Meloni: il passato che non passa, quell’ombra nera mai fugata”.                                             Gli esempi che ci impongono una profonda attenzione sono tanti, uno più grave dell’altro, anche da parte di chi va in giro nei talk televisivi, a dire che il fascismo fa parte del passato. Forse quello del Duce e quello della Repubblica Sociale: marcia su Roma, olio di ricino e manganelli e qui mi fermo, ma i fascisti esistono ancora, eccome!                                                                                                                                    Non era mai successo che un partito querelasse per diffamazione un’intera redazione, è ciò che è accaduto a Report di Sigfrido Ranucci, il partito querelante non poteva essere altro che quello di Meloni: Fratelli d’Italia. La redazione è rea di aver fatto un’inchiesta sulla mafia a firma di Giorgio Mottola, dove il giornalista ha affermato che “negli ultimi anni quasi la totalità dei politici arrestati per motivi di mafia era di Fratelli d’Italia”. Secondo la difesa del partito della Meloni è “solo” del 20%.

La realtà è che da quando la destra destra è al governo del Paese è finita la caccia alle streghe ed è partita la caccia al giornalista, a chi dissente dal pensiero unico, l’arma usata è quella della querela che, quando partono i processi, il politico di turno si nasconde dietro l’immunità o l’assenza giustificata dai gravosi impegni istituzionali. Impegni che potrebbero essere la ragione delle tante, troppe assenze della Meloni sempre più all’estero che in Parlamento, come documentano le immagini di strette di mano, abbracci, baci e una carezza sulla guancia.
(Nella foto la presidente del consiglio, Giorgia Meloni)


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21