Le chiamano “morti bianche”, ma non lo sono mai

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Egregio Dott. Amadeus, spett.le organizzazione del Festival di Sanremo, grazie davvero di cuore, per aver portato il dramma delle troppe morti sul lavoro al Festival Di Sanremo, invitando Giovedì 8 Febbraio al Festival, Paolo Jannacci e Stefano Massini, con la loro canzone L’uomo nel lampo.
Qualche anno fa ho scritto questa poesia sul perchè la si dovrebbe smettere di chiamare le morti sul lavoro, con il termine assurdo “morti bianche”.
Ve la invio, con la speranza, visto che questo è il Festival delle “testimonianze”, che possa essere letta in diretta nell’ultima puntata di stasera di Sanremo 2024, da Amadeus, da Fiorello o da chi ritenete più opportuno.
È una poesia molto commovente, e potrebbe essere letta in circa 2 minuti e potrebbe aiutare a sensibilizzare molto su queste tragedie.
Vedete voi se questa poesia merita di essere letta nella puntata di stasera.
Cordialmente.
Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, Barberino Tavarnelle (FI)
Le chiamano “morti bianche”, come avvenissero senza sangue.
Le chiamano “morti bianche”, perchè l’aggettivo bianco allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’accaduto, invece la mano responsabile c’è sempre, a volte più di una.
Le chiamano “morti bianche”, come fossero dovute alla casualità, alla fatalità, alla sfortuna.
Le chiamano “morti bianche”, ma il dolore che fa loro da contorno potrebbe reclamare ben altra sfumatura cromatica.
Le chiamano “morti bianche” per farle sembrare candide, immacolate, innocenti.
Le chiamano “morti bianche”, fanno clamore, giusto il tempo di una prima pagina. Poi le vittime e le loro famiglie finiscono spesso nel dimenticatoio.
Le chiamano “morti bianche”, per evitare che si parli di omicidi sul lavoro.
Le chiamano “morti bianche”, bianche come il silenzio, come l’indifferenza che si portano dietro.
Le chiamano “morti bianche”, ma quasi sempre dipendono dal fatto che in quell’azienda non si rispettavano neanche le minime norme per la sicurezza sul lavoro.
Le chiamano “morti bianche”,  un modo di dire beffardo, per delle morti che più sporche di così non possono essere.
Le chiamano “morti bianche”, come il lenzuolo che copre le coscienze dei colpevoli.
Le chiamano “morti bianche”, ma sono tragedie inaccettabili per una paese che si definisce civile, che non può permettersi di avere tutte queste morti sul lavoro.
Le chiamano “morti bianche”, ma in realtà sono nere,  non solo perchè ogni morte è “nera” ma perchè spesso, quasi sempre, le vittime non risultano nemmeno nei libri paga dei loro “padroni” : padroni della loro vita. E della loro morte.
Le chiamano “morti bianche”, ma non fanno solo morti, rovinano famiglie e rendono tanti giovani orfani e soli.
Le chiamano “morti bianche”, un eufemismo che andrebbe abolito, perchè è un insulto ai familiari e alle vittime del lavoro.
Le chiamano “morti bianche”, pochi ne parlano, ma sono tragedie sottostimate nei dati ufficiali.
Le chiamano “morti bianche”, ma non lo sono mai.
Marco Bazzoni-Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, Firenze

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