Quei termini inaccettabili sull’aborto

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Qualche mese fa la ministra Eugenia Roccella intervistata sull’aborto lo definì un diritto, ma aggiunse “purtroppo”. Due parole che chi crede nei diritti fatica a vedere accostate. Soprattutto chi pensa che un diritto aggiunga sempre invece di togliere. Questa frase scatenò polemiche, ma molto doveva ancora arrivare. Infatti, nel corso di un incontro a Montecitorio, è stata presentata la rivista Biopoetica. Di nuovo si è parlato di interruzione di gravidanza. Ancora in termini inaccettabili. Purtroppo. In Italia, nel 2024, è stato negato che l’aborto sia un diritto. Anche nel caso in cui ci sia stata una violenza. Le frasi che sono state usate per raccontare l’aborto negando che esso sia un diritto sono a dir poco offensive per le donne. Impossibile non pensare alle battaglie che le nostre nonne e le nostre madri hanno fatto per vedere riconosciuto questo diritto. Impossibile immaginare che rischia di non essere tale per le generazioni che verranno. La legge 194 del 1978 prevede che ogni donna possa richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Riconosce un diritto. Per fortuna.


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