Dimissioni De Angelis. La presidente Meloni non può far finta di nulla

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Quando Silvio Berlusconi lasciò l’appunto in Parlamento in cui criticava l’operato di Giorgia Meloni, da poco presidente del Consiglio, lei rispose: “Mi pare che tra le cose scritte da Berlusconi ne manchi una: non sono ricattabile”.
Probabilmente non è così. E’ inspiegabile che chi rappresenta l’autorità istituzionale della presidenza del Consiglio non prendere una netta posizione sul neofascismo e non includa mai, nei suoi interventi, la parola fascista, neanche dopo quello che ha scritto il presidente della Repubblica Mattarella in occasione del quarantatreesimo anniversario dalla Strage di Bologna: “La matrice neofascista della Strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi”. Il messaggio inviato dalla Meloni, invece, è stato un gioco di equilibrismo tra detto e non detto, superata a sinistra anche dal presidente del Senato La Russa, che è tutto dire!

Evidentemente la presidente, “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma”, sul tema del fascismo di ieri e di oggi non ha in mano le briglie di Fratelli d’Italia per questo non riesce a prendere le distanze da chi sul terrorismo nero non vuole verità e giustizia.
Questa volta a scendere in campo è Marcello De Angelis, attuale responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, con un passato nero in Terza posizione, condannato per associazione sovversiva e banda armata a cinque anni e sei mesi di cui tre trascorsi in carcere, poi direttore del Secolo d’Italia, senatore di AN, marito della sorella di Luigi Ciavardini condannato definitivamente per la Strage di Bologna, il cui fratello, uno dei leader di Terza Posizione con Fiore e Adinolfi, arrestato dopo la bomba del 2 agosto, morì in carcere il 5 ottobre 1980.

Nel silenzio totale della presidenza del Consiglio, De Angelis ha tentato di depistare, opponendosi alle parole del presidente Mattarella sulla Strage fascista della Stazione di Bologna: “Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la Strage”, è sempre De Angelis che scrive su Facebook: “il 2 agosto è un giorno molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità (…) io dico la verità, loro mentono”. Sono le parole di chi intreccia amicizia, parentele e terrorismo, che non possono essere raccontate come un libero pensiero, un diritto di esprimere un’opinione, qui ci sono 85 morti e 216 feriti, la dignità e il rispetto delle famiglie delle vittime e di chi è sopravvissuto.

E’ la prova del nove per Giorgia Meloni, per l’istituzione che rappresenta. La presidente non può far finta di nulla, non può limitarsi a non pronunciare la parola fascista inventando i soliti ghirigori, è in gioco l’Italia democratica. “Sono Giorgia, una madre, una donna”, non dimentichi che ha giurato sulla Costituzione prima di sedersi sulla poltrona di palazzo Chigi, perciò dica SONO ANCHE ANTIFASCISTA”, e dica di non essere sotto ricatto imponendo a Marcello De Angelis di dimettersi dalla Regione Lazio.


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