Non dimenticare Hiroshima e Nagasaki

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Sappiamo che la pace non viene da sé ma con piccole e grandi azioni gesti di Pace.
Sappiamo anche che se si costruiscono armi è per usarle: Hiroshima e Nagasaki sono un monito che le nostre madri e i nostri padri, partigiani ribelli per amore, avevano già intuito. Non era più vero che la guerra potesse continuare ad essere la continuazione della politica con altri mezzi e continuare ad avere una funzione di trasformazione della realtà. Era vero invece che un’altra guerra sarebbe stata autodistruzione dell’umanità e quindi fine della politica. Per questo “l’Italia ripudia la guerra … “ (articolo 11 della nostra Costituzione antifascista, nata dalla Resistenza)

Sappiamo anche che gli USA avevano avviato il progetto Manhattan (l’atomica) prima che lo facesse Hitler ma che, quando fu chiaro che il programma atomico tedesco era fallito, “gli Stati Uniti iniziarono a sostenere che le armi andavano fabbricate prima che lo facessero i comunisti”
Nel 1955 il Manifesto promosso da Bertrand Russell e Albert Einstein sottoscritto dai più grandi scienziati del mondo (come i premi Nobel per la fisica Max Born, Percy Bridgman, Cecil F. Powel e altri) è presentato in una grande assemblea presieduta da Jozef Rotblat, un fisico polacco, anche lui era uscito dal Progetto Manhattan.
Letto con gli occhi di oggi il Manifesto è scandalosamente attuale e noi siamo ancora molto lontani dal nuovo modo di pensare in cui Einstein e gli altri avevano sperato. Dal Manifesto del 1955:

Il mondo è pieno di conflitti, e su tutti i conflitti domina la titanica lotta tra comunismo
e anticomunismo. Chiunque sia dotato di una coscienza politica avrà maturato una posizione a riguardo. Tuttavia noi vi chiediamo, se vi riesce, di mettere da parte le vostre opinioni e di ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica la cui evoluzione è stata sorprendente e la cui scomparsa nessuno di noi può desiderare.

… …
La maggior parte di noi non è neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere ben presente che affinché i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in modo da dare una qualche soddisfazione a tutte le parti in causa, comunisti e anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti non devono essere risolti mediante una guerra. È questo che vorremmo far capire, tanto all’Oriente quanto all’Occidente. Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicità, conoscenza e saggezza.
Vogliamo invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un’estinzione totale. … … “Questo è dunque il dilemma che vi sottoponiamo crudo, spaventoso e ineludibile. Dobbiamo porre fine alla razza umana o deve l’umanità rinunciare alla guerra? …”
Dopo il 1989 e la caduta del muro di Berlino e poi l’unificazione tedesca, premesse per la fine dell’URSS e del patto di Varsavia (alleanza militare contrapposta alla NATO) non si è capito (o non si è voluto capire) che era necessario ripensare un nuovo ordine /equilibrio del mondo fondato sulla pace e non più sulla guerra. Oggi nella guerra in Ucraina non si misurano due alleanze militari: contro la Russia ci sono l’Europa, gli Stati Uniti e la NATO che attenzionano anche la Cina per via di Taiwan e non solo.
Altre guerre e conflitti attraversano il mondo. Sempre in Paesi i cui popoli soffrono: fame, malattie, violenze e violazione dei diritti umani più “sacri”; le donne iraniane “donna vita libertà” sono un esempio lucente, così come le donne afghane alle quali è vietato il lavoro e l’istruzione così come giovani russi che esprimono dissenso alla guerra contro l’Ucraina sapendo di andare incontro a possibili arresti e repressioni. È ripartito il conflitto Israele e Palestina che interessa la stabilizzazione di tutta l’area medio orientale (e non solo): si è riacceso anche se oscurato dalla guerra contro l’Ucraina. E ora il Niger …
Papa Francesco invoca sempre la pace e la solidarietà; ci sono marce per la pace; fiaccolate e preghiere per la pace anche in questi giorni; ci sono scienziati per la pace”. Pensiamo all’appello di 50 premi Nobel (tra i quali: Giorgio Parisi, Carlo Rovelli e Carlo Rubbia) rivolto ai governi di tutti gli Stati delle Nazioni Unite per una riduzione concordata della spesa militare del 2 per cento ogni anno. E con quelle risorse “prendersi cura” del pianeta e delle disuguaglianze insopportabili. La spesa militare, a livello globale, ha superato i duemila miliardi di dollari statunitensi all’anno. La corsa agli armamenti conduce a un’unica conseguenza: lo scoppio di guerre sanguinose e devastanti.
Immaginare un mondo senza guerre e costruirlo è il compito più ambizioso e necessario che la specie umana si possa dare.
È stato importante aiutare in tutti i modi un popolo aggredito, anche con le armi; oggi le richieste di Zelensky sono ancora per aumentare la quantità delle armi e per alzarne il livello oltre la stretta difesa: nessuno vincerà. Ma potremmo perdere tutti: c’è il rischio che il conflitto si allarghi pericolosamente alzando il livello della guerra con armi atomiche tattiche “di potenza minore”, dicono (ma che sono almeno più di quindici volte la potenza di quelle usate a Hiroshima e Nagasaky). Sulla pace l’Europa, che rinnoverà nel 2024 parlamento ed istituzioni di governo, può costruire una nuova stagione politica e culturale capace di offrire un nuovo orizzonte ideale in sintonia con il manifesto di Ventotene del 1941“…la Federazione Europea è l’unica garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani possano volgersi su una pacifica cooperazione in attesa di un più lontano avvenire in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo…”
Bisogna fare presto però. L’orologio dell’Apocalisse comprende, oltre alla guerra atomica, oggi anche l’emergenza climatica le pandemie: non è mai stato così pericolosamente vicino alla mezzanotte (che simbolicamente rappresenta la fine del mondo). Dopo la seconda guerra mondiale, con i suoi sessanta/settanta milioni di morti di cui il 60% civili, e dopo Hiroshima, nel 1947 nasce questo orologio: la distanza dalla mezzanotte era di sette minuti. Oggi è di 90 secondi.
Davvero pochi. Bisogna fare presto.


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