1200 vite umane perse in mare in meno di sei mesi

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Milleduecento e senza contare i dispersi . Non sono manichini di plastica ma un enorme numero di vite umane perse in mare in meno di sei mesi mai registrato da un decennio a questa parte. Un’ecatombe che alcuni di noi avevamo già tristemente previsto quando alla fine dello scorso anno era chiaro che la chiusura dei confini avrebbe provocato stragi.
Quello che è però accaduto a poche miglia dalle coste greche supera ogni peggiore previsione e ci mette di fronte al fallimento totale delle politiche migratorie europee. Oltre ad una profonda frustrazione di chi nel mondo dell’informazione si occupa da anni di queste tematiche cercando di pungolare i governi perché capiscano che non si potrà mi risolvere il problema dei flussi migratori con la paura e il rifiuto  ma con un sistema di controllo che pensi prima di tutto alla salvaguardia delle vite umane .
Frustrazione che nel mio caso é acuita dal fatto che la notizia della presenza di quel peschereccio tra la Grecia e Malta l’avevo pubblicata un giorno prima su segnalazione dell’attività Nawal Soufi , la stessa che mesi prima aveva segnalato la lenta agonia della piccola Loujen , la bimba siriana morta di sete tra le braccia della mamma su un barcone partito dal Libano e lasciato alla deriva per più di una settimana senza cibo e acqua.
Frustrazione che sempre nel mio caso rasenta il dolore acuto perché alle 8 del mattino di mercoledì 14 giugno (quando ancora nessuno sapeva nulla ) mi arriva un messaggio sul telefono da una fonte che devo tenere riservata che mi scrive : “Stanotte sono morte centinaia di migranti . Abbiamo assistito in diretta a questa ecatombe senza poter fare niente. Erano 750 su un peschereccio in SAR greca mai Greci se ne sono fregati . Come sempre , li mandano in Italia. Ma questi avevano già dei cadaveri a bordo, due bambini erano già morti …chiedevano aiuto … all’alba il peschereccio è  affondato” .
Quel messaggio mi ha gelato il sangue . Era peggio di quanto vissuto a Cutro. Nella stiva di quel peschereccio partito da Tobruk, la città libica a est di Bengasi che neanche il generale Haftar riesce a controllare, c’erano famiglie con tanti bambini:  alcuni del 104 sopravvissuti parlano di un centinaio . Erano egiziani, afghani, pakistani, palestinesi. Come le vittime di Cutro scappavano da paesi nei quali non potevano più tornare. E sono saliti su quel peschereccio perché non c’è altro modo per entrare legalmente in Europa né per sopravvivere dignitosamente nei paesi di transito .
L’Europa, come per le vittime di Cutro, li ha lasciati morire. Come é ancora tutto da chiarire. L’unica cosa certa é il solito rimpallo di responsabilità tra le autorità che seguono i SAR tra Malta, Italia e Grecia. Quest’ultima, competente per i soccorsi in quell’area, non è  intervenuta adducendo il rifiuto da parte dei naufraghi di essere aiutati. Versione che sarebbe stata già smentita non fosse per la posizione del barcone che da ore si dirigeva verso la Grecia. Da chiarire anche l’altra versione che prende piede nelle ultime ore di un tentativo da parte della guardia costiera greca di trainare il peschereccio con 750 persone verso l’area di competenza Italiana con delle funi facendo così ribaltare l’imbarcazione. Secondo la stessa fonte che mi ha dato la notizia la mattina del 14 giugno, quella notte fino al momento del naufragio non c’erano assetti militari di alcuna nazione presenti in quell’area.
Di certo comunque che ci troviamo di fronte alla tragedia più grande dopo quella del 18 aprile del 2015 quando affondava al largo della Libia un peschereccio con più di 700 persone e se ne salvarono giusto una ventina. Mai però come questo 2023 così tante tragedie a poca distanza l’una dall’altra.
Con un’aggravante che tocca ancora di più la nostra professione: l’indifferenza che ci sta rendendo mostruosi . Il modo in cui raccontiamo queste tragedie annulla l’ Umanità delle vittime che quasi diventano colpevoli . Il caso più “mostruoso” quello della conduttrice di un talk di un tv greca che se la prende con i migranti , sopravvissuti e vittime, perché nelle ore seguenti al naufragio le ambulanze venivano usate per loro a discapito dei residenti.
Orrore nell’orrore in un momento storico in cui a inabissarsi in mare non sono solo quei poveri disgraziati, tra cui bambini inconsapevoli, ma si inabissa inesorabilmente la dignità dell’Europa che ai buoni propositi fa prevalere sempre di più una paralizzante paura.


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