Assange. Informazione e potere

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Julian Assange continua ad interrogare le coscienze di qualunque giornalista che abbia a cuore il suo mestiere. Di fronte ad una verità nascosta dal potere non c’è soluzione diversa che cercare di rivelarla. E’ un obbligo etico, è un obbligo deontologico, è un obbligo cui il giornalista deve il senso stesso del suo mestiere.

Nella libertà del giornalista c’è la libertà del lettore. Un giornalista libero fa libero il lettore, l’ascoltatore, il telespettatore.

Per tutte queste ragioni, e per molte altre, il caso Assange dovrebbe scuotere le coscienze di ogni cittadino che sia sinceramente democratico e che sia, al contempo, consapevole che l’ esercizio del suo diritto alla critica ha bisogno di giornalisti capaci di indagare e sfidare il tentativo del potere di celare i fatti, di vietarne la conoscenza, di mistificare la realtà.

Comprendiamo tutti il valore dei “segreti di stato”. Sono una necessità, anche nelle democrazie più evolute, per tutelare esigenze politiche e spesso militari. Purché vadano nell’interesse comune e non vìolino le leggi e i principi democratici. Perché questo è il punto: il segreto di stato, le informazioni riservate, non possono essere mezzo per nascondere abusi. O, peggio, strumenti per danneggiare il tessuto democratico come la storia italiana ci ha troppo frequentemente insegnato.

L’uso distorto dello scudo protettivo delle informazioni riservate, è esso stesso abuso di potere, è esso stesso violazione dei principi democratici e violazione del principio di lealtà che, chi esercita il potere, ha l’obbligo di onorare nei confronti di chi lo ha eletto.

Assange ha rivelato al mondo questi abusi. Ha rivelato crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti. E li ha rivelati non violando gli apparati informatici, ma grazie alla collaborazione di chi lavorava all’interno di quegli apparati ed aveva avuto un rigurgito di coscienza nel maneggiare materiali sconvolgenti.

Per questo Assange è in carcere da 4 anni senza un processo. In Inghilterra. Se fosse estradato negli Stati Uniti rischierebbe pene durissime senza poter esercitare pienamente i diritti di difesa.

Assange è in prigione per aver pubblicato notizie vere. E’ incriminato per aver pubblicato notizie che l’opinione pubblica aveva il diritto di conoscere, notizie che erano di pubblico interesse.

L’abuso giudiziario di cui è vittima il giornalista australiano è di gravità inaudita. Una gravità che fatica a fare breccia nella coscienza pubblica del mondo occidentale. Questo abuso è perpetrato in democrazia, non in regimi totalitari. In democrazie anche antiche come quella britannica.

Ogni singola voce che si leverà a tutela dei diritti di Assange sarà una voce che si leverà a favore del diritto ad essere informati.


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