Giorgia Meloni e la gazzella africana, per un finale a sorpresa

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Come la gazzella del famoso proverbio africano, ogni mattina in cui si sveglia Giorgia Meloni sa che dovrà fare un tratto di strada , un po’ correndo, un po’ nascondendosi , verso una migliore relazione con i tradizionali partner, cofondatori dell’idea europea; ; un altro, non condiviso dai suoi alleati, per sottolineare le classiche alleanze del nostro paese ; un lungo respiro per inspirare lo spirito della nostra Costituzione. Ma sa altresì che al contempo dovrà rassicurare ogni giorno il suo fortino di origine , che quei piccoli passi nulla cambiano della natura del partito , né delle promesse con le quali una destra radicale, estremista ed euroscettica ha agguantato il traguardo impossibile non solo del governo ,ma della sua guida .

Sa soprattutto che la sua limpida e coraggiosa posizione sulla guerra in corso è invisa agli amici del guerriero russo, subdolamente presenti anche nella casa comune .
Una missione che definire impossibile è riduttivo , forse addirittura ridicolo. Complicata ulteriormente dalla condizione , di rancoroso distacco verso la politica nel suo insieme, in cui versa l’elettorato, vorticosamente attirato da un’astensione che condanna qualsiasi governo ad essere minoranza reale nel paese. Compreso questo, ingenuamente orgoglioso di avere “ vinto” le elezioni, nella contrarietà non marginale della maggioranza del popolo sovrano. Una missione fino ad ora adempiuta sul filo dell’equilibrio e con molta abilità , resistendo alle pulsioni che la vogliono buttare fuori strada. Ad ogni passo deciso che segue pedissequamente i sassolini disseminati dal predecessore, e sempre dentro gli argini della carreggiata sogguardati con la consueta, riservata terzietà dal capo dello Stato , ne segue per compensazione uno in direzione della conferma dei totem di una destra di cui Giorgia Meloni valuta , chissà se per il momento o per sempre , di non potere fare a meno. La difesa pubblica di gestacci istituzionali del tipo di quelli della coppia dei giovani e promettenti condomini , ostacola gravemente l’urgentissimo processo di formazione di una dirigenza all’altezza del ruolo di governo democratico .

In questa direzione, aiuterebbero, se ricercate , la saggezza e l’esperienza di Gianfranco Fini, artefice dell’unico progetto concreto di una destra costituzionale all’altezza delle sfide del tempo. Ancora: la decisione di portare al vertice del Senato una personalità provocatoriamente estrema rende imbarazzante al capo dello Stato, e non sopportabile agli italiani, una temporanea supplenza ; nonché, a campione, il silenzio, esso stesso imbarazzato e imbarazzante, sull’episodio di veterosquadrismo in un liceo fiorentino, e la sostanziale difesa degli aggressori. E tanto d’altro ,che nuoce soprattutto al capo del governo. Questo prezzo è compensato dall’atteggiamento complessivo che la Meloni assume in campo internazionale: non senza qualche contraddizione , come la tenace idiosincrasia antitransalpina e antimacroniana(forse per una nociva esigenza di gradualità nel recesso dagli attacchi eccitati e sguaiati degli ultimi anni).

Due strade alternative, opposte, inconciliabili, portano ad un bivio che esige la scelta definitiva . Allo stato non si conosce la destinazione prediletta della Meloni. Da un lato l’appuntamento è con la memoria delle proprie radici, con il cuore e la coerenza ; dall’altro con la ragione, che postula il ritorno ad una rigorosa separazione dei poteri. Che si ottiene restituendo alle camere le prerogative espropriate da tutti i governi , e riassegnando a questi il ruolo sostanziale di motore della legislazione, non quello formale di autore della stessa, che spetta alle camere . Questo obiettivo richiede, oltre alla convinta adesione della forza egemone della maggioranza , il ritorno sulla scena di una seria forza di opposizione al governo , ma soprattutto allo snaturamento senza garanzie del nostro sistema democratico. Che non è destinato ad essere democratico a tutti i costi e per sempre.

Montesquieu.tn@gmail.com


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