Drammatica domenica per i cristiani in Africa: sacerdote bruciato vivo in Nigeria, attentato in una chiesa in Congo

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Lo hanno bruciato vivo nella canonica della chiesa di San Pietro e Paolo di Kafin Koro, diocesi di Minna, nello stato di Paikoro in Nigeria.
È morto così, da martire, padre Isaac Achi, un prete cattolico molto amato dalla comunità cristiana della regione in cui rivestiva anche l’incarico di presidente della sezione locale della “Christian Association of Nigeria”.
I terroristi, che hanno assaltato la parrocchia nella notte tra sabato e domenica, non riuscendo ad accedere all’edificio ben fortificato in cui viveva il sacerdote lo hanno dato alle fiamme.
Il corpo carbonizzato di padre Isaac è stato trovato dalla polizia davanti a ciò che era rimasto dell’ingresso della struttura.
“Probabilmente ha tentato fino alla fine di provare a uscire per salvarsi” ha riferito Wadi Abiodun, portavoce della polizia dello Stato  nigeriano aggiungendo che un altro sacerdote, padre Collins Omeh, era riuscito a fuggire ma ha riportato ferite da arma da fuoco ed è ora ricoverato in ospedale.
Quello delle ultime ore  è solo l’ennesimo atto di violenza nel nord-ovest della Nigeria, a maggioranza musulmana, nei confronti dei cristiani. Con l’avvicinarsi delle elezioni del mese prossimo le forze di sicurezza temono ulteriori attacchi.
“Questo è un momento terribile. Un prete ucciso in questo modo significa che nessuno è al sicuro. I terroristi rischiano di prendere il sopravvento, è necessaria un’azione drastica per porre fine a questa carneficina” ha affermato il governatore dello Stato di Paikoro Alhaji Abubakar Sani Bello.
“La violenza a sfondo religioso non è rara come mezzo di affermazione del potere tra le tribù nigeriane musulmane e del chieftaincy (ndr sistema di organizzazione sociale dei nativi) nel suo insieme” spiega l’analista Patrick Okello.
A seguito delle violenze è stato dichiarato il coprifuoco a Lambata, sede del governo locale, dalle 18:00 alle 6:00 a partire da domenica 15 gennaio fino a nuovo avviso.
“Una misura necessaria per stabilizzare la situazione nell’area, salvare vite umane e consentire il ripristino della legge e dell’ordine” ha sottolineato Il governatore che ha invitato i residenti della zona a cooperare con gli agenti di polizia nell’individuazione dei responsabili dell’attacco.
Con l’omicidio di padre Isaac salgono a sei i sacerdoti uccisi nell’ultimo anno in Nigeria.
A causa delle violenze nei confronti della comunità cristiana nigeriana un milione e mezzo di persone sono state costrette a lasciare le proprie case, come denuncia l’organizzazione vaticana “Aiuto alla Chiesa che soffre”.
I terroristi, per lo più milizie jihadiste Fulani, arrivano nei villaggi fingendosi pastori nomadi per nascondere le loro intenzioni, poi colpiscono compiendo atrocità indicibili per  costringere i cristiani a lasciare le loro terre.
I conflitti tra pastori nomadi e contadini stanziali sono secolari  ma negli ultimi anni gli attacchi si sono rivelati sempre più distruttivi.
Come nella Repubblica democratica del Congo dove nella stessa giornata dell’uccisione di padre Isaac sono morte in un attentato almeno 17 persone e una sessantina sono rimaste ferite.
A compiere l’attacco in una chiesa del Congo orientale un gruppo legato a estremisti islamici che ha fatto esplodere un ordigno nella parrocchia pentecostale di Kasindi-Luvirihya, cittadina a 85 chilometri dal capoluogo Beni, nella provincia del Nord Kivu, al confine con l’Uganda.
“Il bilancio delle vittime è provvisorio essendo stati trasportati i feriti in vari ospedali. Il numero dei morti è destinato ad aumentare”, ha dichiarato Delphin Mupanda, portavoce della società civile di Beni.
Il governo ha attribuito l’attacco ai ribelli ugandesi delle Forze democratiche alleate, anche se nella serata di domenica l’attentato è stato rivendicato dall’Isis.
L’esplosione è stata devastante, maciullando i corpi di chi era nella chiesa.
Illesi i fedeli seduti nella tenda adiacente attrezzata per chi non trovava posto all’interno, i primi a cercare di portare aiuto alle vittime.
Per molte di loro, soccorsi risultati vani.

Articolo pubblicato sull’edizione cartacea di Repubblica


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