Tramonta la casa-reggia di Berlusconi

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I vertici a Villa Grande forse resteranno solo un ricordo. Silvio Berlusconi ha collezionato tanti successi nella sua vita: la Fininvest con al centro la perla Mediaset, Forza Italia, il centro-destra unito, il Milan e poi il Monza. Tanti successi ideati e sviluppati nella casa-reggia. L’attico a via dell’Anima dietro piazza Navona a Roma, Villa San Martino ad Arcore, Villa Certosa in Sardegna. Sempre nella capitale: Palazzo Grazioli accanto a piazza Venezia, Villa Grande sull’Appia Antica.

Il Cavaliere da quando sfondò con Forza Italia nelle elezioni politiche del 1994 ha scelto sontuose residenze come case-regge. Nel corso degli anni i traslochi sono stati diversi: dal 2020 a Roma alloggia e lavora a Villa Grande, la residenza che aveva concessa a Franco Zeffirelli e nella quale si è trasferito alla morte del regista lasciando Palazzo Grazioli.

C’è stata sempre una costante: nelle sue case-regge ha sia vissuto e sia lavorato come capo politico. Ha rotto con tutti gli usi precedenti. I leader della Prima Repubblica tenevano ben distinte e riservate le abitazioni private dalle sedi di partito nelle quali svolgevano l’attività politica: la Dc a piazza del Gesù, il Pci a via delle Botteghe Oscure, il Psi in via del Corso, il Psdi in via di Santa Maria in Via, il Pri in piazza dei Caprettari, il Pli in via Frattina, il Msi in via della Scrofa.

Invece il fondatore della Fininvest, di Forza Italia e del Pdl ha miscelato residenza privata e politica. A Villa Certosa ospitò Vladimir Putin in vacanza e discusse con l’alleato Umberto Bossi le scelte del suo primo governo. A Villa San Martino ad Arcore erano celebri le cene del lunedì con l’irruento segretario e fondatore della Lega Nord. A Palazzo Grazioli come presidente del Consiglio e leader del centro-destra, da lui aggregato per la prima volta nella storia repubblicana, ha diretto mille riunioni e cene di lavoro. Ha guidato i vertici di Forza Italia con Bondi, Confalonieri, Alfano, Cicchitto, Verdini, Toti, Tajani. Ha presieduto i tanti incontri e colloqui con Bossi, Maroni, Salvini, Fini, Casini, Follini, Cesa e Meloni.

Immutabile il rito si è snodato per quasi trent’anni sia nella fase d’oro delle grandi vittorie elettorali di Forza Italia e del Pdl sia in quella del tramonto. Perfino quando Forza Italia è crollata all’8% dei voti nelle elezioni politiche di un mese fa, il rito si è ripetuto. La vittoriosa Giorgia Meloni (26% dei voti a Fratelli d’Italia) è andata assieme a Matteo Salvini (altro sconfitto con l’8%) a discutere di strategie, programmi e posti di governo. La Meloni continuava ad andare in trasferta nella casa-reggia di Berlusconi  anche se la stessa coalizione aveva cambiato i connotati politici: era diventata  di destra-centro dopo lo straordinario successo elettorale raccolto da Fratelli d’Italia, il partito post fascista guidato da lei.

L’incantesimo però si è rotto. Improvvisamente c’è stata la rottura del rito della casa-reggia. La rissa con Berlusconi sulla composizione del futuro governo ha cambiato tutto. Quel «non sono ricattabile» pronunciato dalla Meloni ha determinato la svolta. Il faccia a faccia per ricomporre almeno parzialmente i contrasti tra l’ex presidente del Consiglio e la sua ex ministra per la Gioventù si è svolto in via della Scrofa, la direzione nazionale di Fratelli d’Italia. L’incontro a via della Scrofa e non a Villa Grande rappresenta fisicamente il passaggio dello scettro del comando alla vittoriosa Meloni dallo sconfitto Berlusconi.

Sono molteplici i successi del Cavaliere: da imprenditore Fininvest e del calcio a quelli in politica. Berlusconi anni fa svelava il suo segreto: occorre essere «concavi e convessi». Finora il presidente di Forza Italia era riuscito a mantenere un ruolo determinante anche se non più da protagonista nella scena politica italiana.

Ora il futuro è incerto. Parlando il 18 ottobre ai parlamentari di Forza Italia alla Camera fa scalpore lo scivolamento verso le tesi di Putin (emerso da registrazioni divulgate dall’agenzia stampa LaPresse). Praticamente addossa la responsabilità della guerra su Zelensky.

Giorgia Meloni ribadisce a brutto muso la sua netta fedeltà alla Nato e il pieno sostegno all’Ucraina contro l’invasione russa. Avverte il Cavaliere: chi non condivide «questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo». Aggiunge: «L’Italia con noi al governo non sarà mai l’anello debole dell’Occidente». L’ex presidente del Consiglio getta acqua sul fuoco: è un atlantista convinto, è vittima di un «dossieraggio indegno».

Difficilmente la presidente del Consiglio in pectore tornerà a Villa Grande. Però la residenza romana di Berlusconi ancora un po’ funziona. Mercoledì 19 ottobre Matteo Salvini è andato a pranzo dal presidente di Forza Italia a Villa Grande. Sul tavolo le prossime, difficili consultazioni al Quirinale per formare il governo Meloni. Nel destra-centro si gioca una enorme partita sul governo


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