Morti di fame, sete e abbandono

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Nessuno ha ascoltato gli allarmi, nessuno li ha voluti salvare. Sono morti di fame e di sete e solo ora la loro imbarcazione può toccare terra, dopo giorni di disperazione. Le vittime sono due bambini, di dodici mesi e due anni, un adolescente e tre adulti che erano a bordo di un’imbarcazione giunta nel pomeriggio a Pozzallo. Erano tutti siriani. Lo denuncia l’Unhcr. Tra i 26 sopravvissuti molti sono in gravi condizioni, alcuni con profonde ustioni sul corpo. Sopravvissuti alla guerra in Siria, hanno trovato la morte là dove speravano di cominciare una nuova vita.

“Questa inaccettabile perdita di vite umane e il fatto che il gruppo abbia trascorso diversi giorni alla deriva prima di essere soccorso evidenziano ancora una volta l’urgente necessità di ripristinare un meccanismo di ricerca e soccorso tempestivo ed efficiente, guidato dagli stati nel Mediterraneo”, ha dichiarato Chiara Cardoletti, rappresentante dell’UNHCR in Italia, Santa Sede e San Marino. “Il soccorso in mare è un imperativo umanitario saldamente radicato nel diritto internazionale. Allo stesso tempo, è necessario fare di più per ampliare i canali sicuri e regolari e crearne di nuovi per fare in modo che le persone in fuga da guerre e persecuzioni possano trovare sicurezza senza mettere ulteriormente a rischio le loro vite”.

Cordoglio è stato espresso anche dal Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati. “Siamo sgomenti e addolorati per questa tragica notizia. Inaccettabile e profondamente sbagliato che l’Europa si ostini a lasciar morire nell’indifferenza sempre più colpevole degli innocenti. Si tratta di disperati in fuga da guerre, persecuzioni e miseria che cercano salvezza affidandosi ai trafficanti, in mancanza di alternative legali” ha dichiarato Padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli.

Il Centro Astalli chiede con forza a chi si candida a governare il Paese e alle istituzioni nazionali e sovranazionali:

la tempestiva attivazione di un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale che salvi i migranti in difficoltà e li conduca in un porto sicuro che non può essere la Libia;
l’apertura immediata di canali umanitari dalle zone di guerra o di crisi umanitarie e quote d’ingresso per la gestione di una migrazione legale, ordinata e sicura.
Ripamonti conclude: “Continuare a restare fermi in posizioni di chiusura, voler bloccare gli arrivi è irrealistico.
Governare le migrazioni per trasformarle in una risorsa per le nostre societa è un banco di prova in cui si misurano capacità di costruire il bene comune e visione del futuro”.


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