Sicilia, nuova intimidazione al giornalista Josè Trovato. La solidarietà del sindacato

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Il collega, componente del Gruppo cronisti dell’Assostampa, ha sporto denuncia al commissariato di Polizia di Leonforte, nell’Ennese, contro i responsabili dei profili Facebook riconducibili ai familiari di un mafioso della provincia di Enna, in carcere all’ergastolo, che lo hanno “affrontato” sul social.

«Terza intimidazione per il collega ennese Josè Trovato, componente del Gruppo cronisti siciliani di Assostampa Sicilia, da parte di una famiglia mafiosa». Lo rende noto il sindacato regionale dei giornalisti che, insieme con il direttivo del Gruppo cronisti siciliani e la sezione di Enna dell’Assostampa, esprime «solidarietà e stima al collega Trovato, invitandolo a proseguire la sua testimonianza professionale con coraggio e perseveranza».

Ieri, lunedì 27 giugno, spiega una nota dell’Assostampa, «Trovato ha sporto una formale denuncia al commissariato di Polizia di Leonforte, nell’Ennese, contro i responsabili dei profili Facebook riconducibili ai familiari di un mafioso della provincia di Enna, in carcere all’ergastolo».

In questi anni, dice Trovato, «mi sono abituato a tollerare, provenienti dalle famiglie dei boss, espressioni fuori dagli schemi, messaggi sibillini, frasi a metà tra il detto e il non detto, persino attacchi di gente che vuol fare passare il messaggio che chi parla di mafia danneggia questa terra. Oggi però ho deciso di dire basta. La misura è colma».

Nello specifico, ricostruisce il sindacato regionale, «a commento di un post in cui Trovato annunciava la prossima presentazione a Leonforte del suo libro dal titolo “Mafia 2.0-21”, dopo essere stato apostrofato come “giornalista da strapazzo” e “ridicolo”, il responsabile del profilo in questione, con tono apparentemente amichevole, lo ha invitato a non scrivere mai più di suo padre».

«Sarà la magistratura a stabilire se questa richiesta, proveniente dal figlio di un mafioso e assassino, integri o meno una specifica fattispecie di reato. Ciò che riteniamo non si possa far passare in silenzio è il messaggio che un giornalista possa essere aggredito verbalmente sui social dai parenti di un mafioso, nel tentativo di ridurlo al silenzio», dicono Roberto Ginex, segretario di Assostampa Sicilia, Claudia Brunetto, segretaria regionale del Gruppo cronisti, e Gianfranco Gravina, vicesegretario di Assostampa Enna.

«Nello sporgere denuncia – proseguono i rappresentanti regionali dei giornalisti – il collega Josè Trovato ha ricordato la sua precedente denuncia del 2005 nei confronti del padre dell’autore del commento, allora a piede libero, che con tono intimidatorio, sostanzialmente, usò le stesse parole contro di lui, cioè chiese di non scrivere più notizie che lo riguardavano».

Poi nel 2009, sottolinea Trovato, «venni a conoscenza in Questura dei suoi propositi di volermi fare “saltare la testa”. Avrebbe usato proprio queste parole mentre si trovava in carcere a Caltanissetta: “Saltare la testa”. La mia testa è sempre sulle mie spalle – conclude il giornalista – e soprattutto, oggi come ieri, non posso che dir loro di mettersi il cuore in pace, perché non smetterò mai di raccontare le cronache della mia terra».

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