“Aver cura del vero”, il libro che rende concreta l’accuratezza

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Cosa troveranno lettrici e lettori in questo libro? Come lo abbiamo pensato e organizzato? Il percorso comincia con una riflessione sulla originalità del “laboratorio padovano” che è al centro della storia qui raccontata. Roberto Reale ci avvicina  al senso dell’esperienza, ci conduce dentro un “cantiere” realmente multidisciplinare dove si è radiografato lo stato dell’informazione italiana connettendola alle grandi questioni sociali, disuguaglianza, inclusione, effetti della pandemia. Un luogo dove quelli che frequentavano le lezioni hanno potuto, a propria volta,  dire la loro con uno scambio continuo, arricchente per tutte e tutti e vissuto in dialogo con la cittadinanza.
Si prosegue poi  con la fotografia di cosa è stato in concreto Il Corso ( bisogna sempre essere concreti). Ce la offre una puntuale cronistoria di Monica Andolfatto che ricostruisce e riassume le preoccupazioni iniziali, la soddisfazione per la risposta incoraggiante venuta dall’alto numero di partecipanti, gli appuntamenti didattici che poi sono state occasioni  imperdibili per discutere, confrontarsi, approfondire.
E che cosa ha prodotto questo tragitto culturale e didattico? Ce lo spiegano Laura Nota, Sara Santilli, Maria Cristina Ginevra e Ilaria di Maggio della Scuola di Psicologia di Padova. Il loro è un  utilissimo resoconto scientifico (le scienze sono plurali) dell’esito dei dieci incontri. Prima, durante e dopo le lezioni (con l’impegno prezioso di Carla Tonin) sono state raccolte interviste e valutazioni di corsiste e corsisti. Al termine, con criteri rigorosi e le metodologie della ricerca psicologica più avanzata, si sono valutati i cambiamenti intervenuti sulla “visione delle cose” di chi aveva partecipato a questa “avventura cognitiva” su temi fondamentali come la globalizzazione e il neoliberismo. Un lavoro assolutamente inedito ( a quanto ci risulti) per il mondo del giornalismo italiano.
Enrico Ferri ha svolto invece una missione parallela. Ha letto e esplorato i contenuti delle tesi presentate dai corsisti nella giornata di assegnazione del diploma di Alta Formazione. Ognuno era libera/libero di scegliere l’argomento su cui puntare la propria riflessione finale. Ne è uscito un quadro antropologico interessantissimo di persone che ci hanno parlato di disinformazione, linguaggio d’odio, ma anche di carceri, disabilità, migrazioni, sofferenza sociale, precariato.
Ma del laboratorio volevamo rendere nel libro un altro aspetto fondamentale, quello interdisciplinare, frutto di relazioni e collaborazioni con altri centri di ricerca presenti nel nostro paese. Così Mirco Tonin della Libera Università di Bolzano ci parla di Economia dei Media e riflessi sulla natura delle scelte editoriali, della pubblicità, delle pressioni istituzionali tendenti a comprimere o condizionare la libertà di espressione.  Da parte sua invece Marco Mascia, legato alla preziosa eredità di Antonio Papisca con il Centro padovano per i Diritti Umani, fa il punto su queste tematiche dei diritti essenziali per un’informazione degna di questo nome, capace di contrastare con argomenti e iniziative documentate e concrete ogni forma di cinismo e sopraffazione.
Detto questo sui contenuti emersi dal Corso ( che saranno centrali pure nelle sue prossime edizioni), l’ultima parte del volume volge lo sguardo al futuro. Salvatore Soresi ci conduce sul terreno accidentato dei “wicked problems” che per definizione sono sempre “cattivi” perché apparentemente insolubili. Siamo nel territorio della complessità, della incertezza, delle interrelazioni.
E’ lo stesso campo logico del capitolo successivo intitolato “Dal Tutti contro Tutti a un Sentire Comune” dove si ragiona sulle sfide aperte oggi per un’informazione che – ne sia consapevole o meno – si colloca proprio al crocevia dove si incontrano tutte le grandi questioni che animano la contemporaneità, dallo sfruttamento del lavoro, al narcisismo, alle fantasie di complotto fino alle esperienze di collaborazione e cooperazione che ci indicano invece strade per un domani di qualità.
Un futuro che vive pure di proposte. Questo libro, non a caso aperto dalla preziosa testimonianza di Carlo Verdelli e da un intervento di Raffaele Lorusso, si conclude con un dialogo sulle cose da fare. Protagonisti Carlo Bartoli e Giuseppe Giulietti presidenti rispettivamente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa. Qui lo sguardo si allarga a ciò che può e intende fare l’associazionismo professionale sui temi della formazione e dell’impegno civile in collaborazione con il mondo della ricerca, per dare un nuovo respiro a chi fa informazione perché l’alfabetizzazione digitale non è fatta solo di fibre ottiche e infrastrutture ma di persone  che siano in grado di rispondere alle domande che vengono dalla comunità.
Addentrandosi dentro i capitoli lettrici e lettori vedranno, giudicheranno. Il volume adesso è loro. E’ frutto di un lavoro collettivo e di gruppo, di un impegno corale che esprime un percorso comune con linguaggi e approcci diversi ( ciascuno di noi ha ovviamente il proprio) ma con tanti punti di convergenza. Ora vuole essere soprattutto uno strumento a disposizione di chiunque sia interessato a “guardare con nuovi occhi”.al futuro di informazione, inclusione, formazione, accuratezza.

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