4 morti. La cultura del lavoro sicuro e dignitoso stenta ancora ad affermarsi

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Fanno più notizia tre operai morti in tre diverse città italiane, come è accaduto il 15 aprile 2022 a Sassari, Trento e Cesena, oppure tre operai morti tutti insieme, come è successo nel crollo della gru di via Genova a Torino del 21 dicembre 2021?

La verità è che il sensazionalismo e lo sdegno per le morti sul lavoro spesso durano una giornata, a volte qualche giorno in più se il disastro è stato particolarmente cruento o se le caratteristiche della vittima hanno colpito l’opinione pubblica, come nel caso della giovane mamma 22enne Luana D’Orazio, inghiottita da un orditoio il 3 maggio 2021.

Poi, con il tempo, anche queste morti sul lavoro “famose” si uniscono alle altre, agli operai sessantenni caduti dalle impalcature, agli agricoltori schiacciati dal trattore, ai camionisti volati dai cavalcavia, ai migranti abbandonati senza vita nei campi, in un gigantesco dimenticatoio collettivo, che ogni anno soltanto in Italia conta più di 1.000 lavoratori e lavoratrici (1.221 per l’Inail nel 2021; 1.404 per l’Osservatorio di Bologna).

Non tutti però dimenticano.

Se il pubblico di tv, giornali e social si indigna per breve tempo, le mamme, i papà, le mogli, i mariti, i compagni, le compagne, i parenti e gli amici di chi è morto sul lavoro difficilmente riescono a farsene una ragione. Soprattutto se, come spesso accade in Italia, la giustizia per le vittime di infortuni e malattie professionali non arriva.

Se dopo sei anni dalla sentenza definitiva della Cassazione, l’ex amministratore delegato della ThyssenKrupp Harald Espenhahn non è ancora in galera per gli omicidi dei 7 operai dell’acciaieria torinese che sconvolsero l’Italia intera, se il primo maxi processo Eternit, con un migliaio di parti lese, è caduto in prescrizione, che speranze hanno i familiari delle tante anonime vittime sul lavoro di ottenere giustizia? Che speranze hanno i lavoratori e le lavoratrici di ottenere maggiori tutele per la loro salute e sicurezza, se nessun datore di lavoro paga (o paga pochissimo) in tribunale per le proprie inadempienze?

La speranza è che il movimento di familiari delle vittime, associazioni e sindacati impegnati ogni giorno per la tutela di lavoratori e lavoratrici riesca a far sentire la propria voce, a influenzare il dibattito politico.

Non è impossibile. All’indomani della tragedia ThyssenKrupp di Torino del 6 dicembre 2007 il Parlamento, a camere sciolte, ha approvato il Decreto legislativo 81/2008 “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”: normativa all’avanguardia, anche se non sempre applicata, per tutelare lavoratori e lavoratrici. A Torino, presso la Prefettura, poco più di tre mesi dopo il terribile crollo della gru di via Genova, è stato firmato un nuovo Protocollo di intesa per la sicurezza e regolarità nei cantieri edili, a dodici anni di distanza dal precedente.

Se il clamore suscitato dalle notizie di morti e infortuni sul lavoro sembra durare poco, non sempre però è inutile. A volte ridà voce alle vittime e ai loro cari, fornisce rinnovato slancio a sindacati e associazioni per portare avanti vecchie battaglie che sembravano perse, consente di fare approvare normative più stringenti, permette (più raramente) di incrementare i controlli nelle aziende.

Sarebbe bello però non lavorare sempre sull’emergenza, sull’onda emotiva di una nuova tragedia sul lavoro. Ma in Italia non siamo ancora pronti; la cultura del lavoro sicuro e dignitoso stenta ancora ad affermarsi. Attendiamo tempi migliori, speriamo non altri morti. E, intanto, non dimentichiamo.

Massimiliano Quirico

direttore@sicurezzaelavoro.org

 

www.sicurezzaelavoro.org


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