Spoleto, proiettato il film della Kauber: evento dedicato ad Assunta Valente

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Donne che si prendono cura dei propri animali, così come Noè nella Genesi, che si prendono un incarico di sensibilità che va oltre la specie e la carne, ma che diventa custodia e materia. Sono le donne protagoniste nel documentario “In questo mondo” della regista Anna Kauber, proiettato sabato 5 marzo al cinema sala Frau di Spoleto. Inserito nel calendario di appuntamenti pensati dal Comune e dalle associazioni del territorio in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’evento che è stato promosso dal presidio “Angela Fiume” di Libera Spoleto, da Legambiente, da Inner Wheel Club Spoleto e da Rotaract Club Spoleto, è stato dedicato alla pastora Assunta Valente di cui ci eravamo già occupati rimettendo all’attenzione mediatica la sua storia perché nel frusinate è stata oggetto di intimidazioni e minacce da quella che plausibilmente è definita mafia dei pascoli.

E’ stata proprio la regista, presente a Spoleto, a ricordare di come, venuta a conoscenza di questa angheria, ha voluto puntare il riflettore sulla storia di Assunta e sulla criminalità che condiziona la pastorizia per tutte le persone che come lei la stanno subendo.

Il viaggio antropologico intrapreso dalla Kauber con una videocamera amatoriale e degli scarponi ai piedi, ha avuto inizio nel 2015 intervistando più di cento donne tra i 20 e i 102 anni ed estendendo il reportage a tutto lo stivale, dalla Sardegna alla Calabria fino ad arrivare in Umbria e Trentino Alto Adige. Non è solo il racconto di una questione di genere fin troppo a lungo negata nella tradizione pastorizia maschile ma anche storie di scelte al femminile, voci narrative di un cinema che si fa reale.

La pellicola, vincitrice del XXXVI Torino Film Festival e che ha ottenuto numerosi altri riconoscimenti come quello della FAO ha ritratto donne con i propri costumi e i propri linguaggi, chi con indosso un paio di orecchini chi nel quotidiano suonando un violino. Reduci dagli studi in Conservatorio, da un percorso universitario o da una famiglia di pastori, le donne che nel film si raccontano senza che ci sia un narratore di controcampo a muovere le fila, hanno scelto la terra, le bestie e la transumanza, sinonimo di ricerca consapevole ed ecologica.

Le testimonianze raccolte parlano del prima, di una vita essenziale dove “i giocattoli erano la terra”, ma anche di un “disonore per gli uomini prendere a lavorare le donne con le pecore” e di quei “lupi cristiani” che amavano saccheggiare le mandrie; parlano dell’oggi, di animali che si riconoscono nel nome che gli si dà, della gentilezza e della realizzazione nel vivere una vita a contatto con la natura. “Perché bisogna andare per forza avanti?” si chiede una delle pastore, “Ci si può fermare anche dove si sta bene”. Fermarsi per mutare ogni giorno e per ricominciare.


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