Il regista Veysi Altay in Italia il 3 aprile. Nei suoi film il coraggio dei curdi

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Arriva il 3 aprile in Italia Veysi Altay, fotografo, regista ed attivista dei Diritti Umani, turco curdo, perseguitato dal regime di Erdogan per le sue opere coraggiose che ricordano al mondo il dramma di un popolo senza terra e senza Stato.

Veysi partirà da Napoli e Salerno per arrivare a Trieste, passando per Cagliari, Forli e Faenza, lasciandosi dietro nuove amicizie e tanta solidarietà, come è giusto che sia per un uomo che sfida da anni i tribunali del suo Paese per avere denunciato sparizioni forzate, genocidi, stragi e aver raccontato, al contempo, la nostalgica bellezza del sacrificio di tanti combattenti curdi che hanno segnato la sconfitta dell’Isis.

“Nujin – La Nuova Vita”, il suo film più toccante, narra della vita di tre donne soldato sul fronte di Kobane, durante la guerra di liberazione della città siriana dalle milizie islamiche, nel 2013-14. E’ una storia di guerra e di resistenza che ci guida, attraverso i visi e le voci di ragazze giovanissime, nelle loro paure e nel rischio che le attende, mentre spiegano come sia possibile passare dalle fatiche domestiche al fucile senza per questo rinunciare ai sogni reconditi della propria vita di donne. Le immagini non indugiano mai su un’arma o su una scena di guerra, ma sempre su volti giovani che esprimono parole ferme, tra una danza e i gesti quotidiani. Ed è così che, sommessamente, lo spettatore finisce per interrogarsi sul destino di queste ragazze sorridenti e scopre alla fine l’amara verità.

La prima volta che ho visto un film di Veysi è stato nel 2018, durante il nostro Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, che raccoglie da quindici anni centinaia di film “politici” che raccontano abusi di potere e soprattutto resistenze alle violazioni dei Diritti Umani. Il film si chiamava “Il pozzo” e raccontava dei “desaparecidos” curdi, torturati, uccisi e poi fatti a pezzi e seppelliti nei pozzi carsici delle montagne turche, dove si dissolve ogni traccia della violenza della polizia e dell’esercito.

Confesso che rimasi negativamente colpito da questi racconti, dai volti delle madri e dei fratelli dei partigiani uccisi, dall’atmosfera di piombo che gravava sul film. Eppure non ero nuovo a queste ricostruzioni. Da quando ho deciso di promuovere il Cinema dei Diritti Umani, ho sempre avuto in mente i racconti delle madri argentine e del mio amico Julio Santucho, che a queste storie mi iniziò quando ormai ero già piuttosto adulto. Prima di allora, credevo di sapere tutto della storia dell’America Latina perché da ragazzo avevo cantato le canzoni degli Inti Illimani e seguito la politica della nostra sinistra comunista, ma Julio mi cambiò le convinzioni in poche ore, mi riempì di dubbi sconcertanti. Da allora è cominciata la mia ricerca attraverso il Cinema politico, seguendo uno stile di racconto che non appartiene al Cinema italiano e alle sue tradizioni, almeno apparentemente. E già, perché nei documentari del nostro dopoguerra, da Rossellini a De Seta, quell’anima politica c’era eccome, ma molti l’hanno dimenticata preferendo una narrazione meno dura, più adatta alla nostra indole mediterranea, forse anche per dimenticare le crudeltà della guerra.

Con il suo film Veysi mi aveva riportato agli orrori di Srebrenica, alle atrocità delle guerre non dichiarate che affliggono l’umanità e alle sofferenze di tante minoranze che pagano un prezzo smisurato al potere dei governi. Avrei voluto rifuggire da quelle immagini perché non credo nella forza dei “pugni nello stomaco”, ma poi lentamente le ho fatte mie e quando, nel 2019, i curdi entrarono nuovamente nel mirino dell’Isis e il Rojava siriano stava per cadere di nuovo in mano agli estremisti arabi, decidemmo di mostrare “Nujin” a Napoli, in piazza, all’interno del Maschio Angioino, per ricordare a tutti chi aveva fermato l’orda fanatica e ora chiedeva aiuto all’Europa.

La manifestazione ebbe un successo incredibile, per la prontezza della nostra risposta e per la forza delle

immagini, ma tutti furono sorpresi dalla voce di quest’uomo che da Istanbul ci parlava con rabbia, con un fiume di parole e ci raccontava di un’Europa ferma sulle gambe, incapace di condannare il tradimento degli Usa che abbandonavano lo scenario mediorientale e condannavano i curdi al massacro.

Fu in quella sera che capii fino in fondo quanto Veysi incarnasse l’archetipo del regista del Cinema dei Diritti Umani e quanto avrei dovuto essergli grato per avere fatto del Cinema politico, con la sua vita, un’arma di lotta, anzi di pace. In fondo, capii, tutti gli uomini che soffrono per un’ingiustizia così profonda sanno bene quanto il Cinema possa essere la loro bandiera e quanto la resistenza argentina sia vicina a quella dei curdi e degli altri popoli soli del mondo. Quella sera, tra tanta gente commossa, promisi a me stesso che avrei fatto qualcosa per lui e per quelli che finiscono in galera per avere realizzato un film bello come “Nujin” e per avere il coraggio di dire la verità fino in fondo, senza servirsi di slogan o ideologie, incuranti della ferocia dei loro dittatori.

Per cominciare, l’anno scorso abbiamo deciso di convertire la Rete del Caffè Sospeso, nata nel 2010 per sostenere alcuni piccoli festival in difficoltà per i tagli del governo Berlusconi, in una rete di solidarietà per intellettuali perseguitati che insegni a chi si renderà disponibile come fare la “scorta mediatica” a gente come Veysi Altay che rischia di scomparire nella carceri della Turchia, come tanti oppositori finiti male.

E così quest’anno Veysi ci ha chiesto di venire in Italia a conoscerci e a parlare agli Italiani del suo popolo, come sa fare lui, raccontando le speranze dei curdi, senza mai fare riferimenti alla sua vicenda personale che è perlomeno drammatica. Sappiamo che se le cause di appello andranno male, lo aspettano 4 anni di carcere almeno, in un Paese chiamato Turchia, dove molti oppositori sono scomparsi nel nulla. E tutto questo per averci donato le verità racchiuse in “Nujin” e ne “Il pozzo”.

Ascoltiamolo e aiutiamolo a restare in contatto col mondo degli uomini liberi; forse potremo regalargli una “Vita Nuova”, come lui ha fatto con noi, raccontandoci la storia delle donne soldato curde.

Nota: chi avesse voglia di conoscere l’agenda di viaggio di Veysi, costruita dalla Rete del Caffè Sospeso, per incontrarlo in Italia dal 4 al 14 aprile, potrà trovare informazioni su www.cinenapolidiritti.it e sulla pagina Facebook del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, a partire dal 22 marzo 2022.

Chi volesse saperne di più sulla Rete del Caffè Sospeso o aderire, potrà scrivere a info@cinenapolidiritti.it o al sottoscritto m.delbufalo@virgilio.it.

Chi vorrà fare da “scorta mediatica” a Veysi Altay potrà scrivergli, inviargli e ricevere materiale alla mail veysialtay@hotmail.com in inglese o, meglio, in turco. Per non abbandonare chi lotta per i Diritti Umani nelle mani di feroci dittatori.


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