In 5 anni duemila posti di lavoro in meno nei giornali, mille nelle televisioni

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di ProfessioneReporter.eu

Ricavi dimezzati per l’editoria quotidiana e periodica, ridotti di un quinto per le tv. In dieci anni. Il calo più evidente viene segnato dagli incassi pubblicitari. In cinque anni tremila posti di lavoro persi, duemila nell’editoria, mille nelle televisioni. 

E’ la triste fotografia di Agcom, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Nell’editoria quotidiana e periodica, i ricavi registrati dalle principali imprese nel 2020 sono stati pari a 3,28 miliardi di euro, in flessione del 14,6% rispetto al 2019. In dettaglio, i ricavi editoriali sono scesi del 10,4%, quelli pubblicitari del 17,3%.

BRUSCA RIDUZIONE

La situazione diventa più pesante allargando lo sguardo all’ultimo decennio. Tra il 2010 ed il 2020 i ricavi si sono più che dimezzati (-52,4%), passando da quasi 6,18 miliardi di euro del 2010 a meno di 3 miliardi di euro nel 2020.
Tra il 2016 ed il 2020 il margine netto (Ebit) delle imprese analizzate, sia nell’attività interna che internazionale, è stato mediamente pari al 1,5% annuo, ma nel 2020, rispetto all’esercizio precedente, ha subìto una brusca riduzione, passando da + 0,5% (registrato nel 2019) a -5,8%.

Gli addetti delle principali imprese del settore si sono ridotti di oltre 2.000 unità (-11,4%), passando da un totale di circa 13mila nel 2016 a meno di 11 mila nel 2020, con una flessione di circa 800 unità rispetto al 2019.

Il report ha considerato: Bresi, Cairo Communications, Caltagirone Editore, Class, De Agostini Editore, Edizioni Condè Nast, Gruppo Editoriale l’Espresso, Arnoldo Mondadori, Monrif, Panini, Periodici S. Paolo, RCS Mediagroup, Sole 24 Ore, Wolters Kluwert.

FLESSIONE DEL CANONE

Per il settore tv, i ricavi complessivi registrati nel 2020 dalle imprese analizzate hanno avuto una flessione dell’8,7% rispetto al 2019. Superiore alla media è risultata la riduzione per Mediaset (-9,2%) e Sky (intorno al -10%), mentre la Rai limita al -5,4% la diminuzione degli introiti complessivi, con il canone che flette del 4% e la pubblicità del 6,5%.

I tre principali soggetti presenti sul mercato televisivo italiano, tra il 2010 ed il 2020, hanno visto calare i ricavi complessivi del 21,9% (da 9,20 a 7,19 miliardi di euro) con una riduzione del fatturato intorno ai 2 miliardi di euro, di cui 1,45 imputabili a minori introiti pubblicitari (passati da 3,73 a 2,28 miliardi di euro) e circa 530 milioni di euro (da 2,98 a 2,45 miliardi di euro) dovuti a minori flussi di ricavo nella pay tv.

STABILITA’ E OCCUPAZIONE

In tale periodo i ricavi complessivi di Sky Italia sono rimasti relativamente stabili, intorno ai 2,9 miliardi, quelli della Rai sono passati dai 2,96 miliardi del 2010 ai 2,50 miliardi del 2020, mentre gli introiti di Mediaset in Italia si sono ridotti da 3,44 a 1,80 miliardi di euro.

I dipendenti risultano in flessione di oltre 1000 unità rispetto al 2016, e si attestano a poco più di 21.000 a fine 2020 (di cui oltre 12.600 Rai; circa 3.200 Sky; 3.400 dipendenti in Italia del gruppo Mediaset), in linea con i complessivi livelli occupazionali del 2019.

A causa della indisponibilità di una documentazione completa, l’analisi non ha preso in esame la componente, sempre più rilevante, delle offerte in streaming (Netflix, Dazn, Amazon Prime Video, Rakuten, Disney+, Tim Vision).

Il report ha considerato Canale Italia, Chili TV, Discovery, La7, Mediaset (Italia), NSTI, QVC Italia, RAI, Sky Italia, Telecity, Telelombardia, Telenorba, Triveneta, Viacom IMNs Italia, Videolina.


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