Tavares batte cassa con i governi europei

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L’auto elettrica costa molto, troppo per il ceto medio europeo. C’è un «rischio sociale».

Carlo Tavares contesta la commissione europea sullo stop alle vetture a benzina e a nafta entro il 2035 in favore dei veicoli con un motore elettrico.

L’amministratore delegato di Stellantis snocciola le cifre in una intervista al ‘Corriere della Sera’ e ad atri importanti giornali della Ue: le tecnologie elettriche «sono del 50% più costose di quelle dei motori termici» e non è scontato un inquinamento minore dell’ambiente (in Europa «un veicolo elettrico deve percorrere 70 mila chilometri» prima di essere competitivo per le minori emissioni di gas causate dalle batterie e dalla loro costruzione).

Tavares è «molto soddisfatto» del primo anno di vita di Stellantis, la società nata nel gennaio 2021 dalla “fusione paritaria” tra il gruppo francese Peugeot-Citroen e quello italo-americano Fiat Chrysler Automobiles. Il manager portoghese è l’amministratore delegato, John Elkann è il presidente, la famiglia Agnelli-Elkann ha la proprietà di riferimento della multinazionale con il 14,4% delle azioni tramite Exor.  Il nuovo colosso dell’auto è il quarto nel mondo, ha ben 14 marchi e 400.000 dipendenti. L’anno scorso ha venduto circa 5 milioni di vetture, ha effettuato massici investimenti in nuovi modelli elettrici, fa profitti e sale in Borsa. Ha superato abbastanza bene il 2021, un anno molto difficile per il Covid, la penuria dei semi conduttori elettronici e l’aumento boom delle materie prime.

Il futuro, tuttavia, preoccupa molto Tavares soprattutto per il «rischio sociale»: il pericolo è «di perdere la classe media, la quale non potrà più comprare auto» per i prezzi troppo alti. Critica la commissione europea per i tempi troppo stretti decisi per la transizione elettrica («scelta dai politici»). L’industria dell’auto è pronta ad affrontare la sfida dei prossimi anni convertendo le fabbriche, aumentando la produttività e limitando al massimo l’impatto della salita dei costi sui prezzi delle vetture.

Ma non basta. Tavares spinge per una «transizione graduale». Chiede il sostegno finanziario dei governi: «Bisognerebbe che gli incentivi fossero mantenuti almeno fino al 2025». Tuttavia è scettico: non crede «che i governi potranno continuare a sovvenzionare la vendita di veicoli elettrici ai livelli attuali, non è sostenibile dal punto di vista del bilancio».

Assume toni politici. Critica la rapidità, «la brutalità del cambiamento». Il «rischio sociale» è dietro l’angolo. Il timoniere di Stellantis, già salvatore di Peugeot e Citroen dal fallimento, più volte ha confermato in passato l’impegno a non chiudere impianti in Europa: «Non l’abbiamo fatto». Ma adesso non esclude dei pericoli: «Se posso farlo, lo eviterò. Di solito mantengo le mie promesse, ma dobbiamo anche restare competitivi».

Nell’occhio del ciclone ci sono soprattutto gli stabilimenti italiani. Il manager portoghese ricorda il suo sopralluogo dell’anno scorso: nelle fabbriche della Penisola «il costo di produzione di un’auto era significativamente più alto» rispetto agli impianti di altri paesi europei nonostante un prezzo del lavoro più basso. Indica la soluzione di cambiare «l’organizzazione della produzione, che va migliorata». Fatto nuovo: non dà per scontata l’annunciata costruzione a Termoli dell’impianto per fabbricare batterie. Un dubbio che non esiste per le gigafactory in Francia e Germania.

Come va il rapporto tra Tavares nell’ufficio di Parigi e John Elkann al lavoro a Torino? Il manager portoghese è netto: «Sta andando molto, molto bene». Esclude che «eventuali divergenze inquinino la costruzione di Stellantis». La bussola è l’importanza storica della fusione e l’obiettivo di «ottenere risultati».

I risultati servono urgentemente soprattutto in Italia. L’affanno delle fabbriche di Stellantis nel Belpaese è una storia vecchia di anni. Va abbastanza bene il marchio Jeep, quello Fiat è in difficoltà, Alfa Romeo e Maserati boccheggiano, Lancia produce una sola vettura (la Ypsilon). Gli investimenti in passato sono arrivati con il contagocce, molti nuovi modelli programmati non si sono visti (una delle poche eccezioni di rilievo è stata la produzione della Fiat 500 elettrica a Mirafiori dalla fine 2020).

Anche nel 2021 è calata l’occupazione, è aumentata la cassa integrazione, sono diminuite le vendite. Anzi, l’anno scorso sono comparsi anche gli esodi incentivati di operai, impiegati e tecnici. Per Grugliasco è stato annunciato il trasferimento a Mirafiori della produzione  dei modelli Maserati e dei lavoratori. I sindacati hanno lanciato più volte l’allarme, chiedendo investimenti e nuovi modelli da produrre. Il primo marzo si vedrà cosa succederà. Tavares tra un mese illustrerà il piano industriale di Stellantis.


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